IDROGENO SOSTENIBILE E A BUON MERCATO!
C’era una volta una lattina di soda, il mare…e i ragazzi del MIT.
Poco più di un anno fa, un gruppo di ingegneri del Massachusetts Institute of Technology (MIT) aveva aperto nuove e allettanti prospettive per la produzione di energia pulita. Nella loro ricerca avevano dimostrato che l’alluminio riciclato, immerso in acqua di mare, poteva produrre idrogeno in modo naturale e sostenibile. Oggi lo stesso team, guidato dal professor Douglas Hart del Dipartimento di Ingegneria Meccanica, presenta un nuovo studio che consolida e amplia quei risultati, delineando scenari applicativi concreti per la produzione di idrogeno a partire da lattine di soda e acqua marina.
Ma partiamo dell’inizio: era il 2024…
Nel primo studio, pubblicato nel luglio del 2024 sulla rivista Cell Reports Physical Science, il team aveva scoperto che pellet di alluminio pretrattato, delle dimensioni di piccoli sassolini, poteva produrre idrogeno quando immersi in acqua di mare filtrata. Il processo era reso possibile grazie all’utilizzo di una piccola quantità di una lega composta da gallio e indio, che agiva da attivatore chimico. Questa lega permetteva di rimuovere il sottile strato di ossido, che normalmente si forma sulla superficie dell’alluminio quando esposto all’aria, e che impedisce la reazione con l’acqua. Una volta eliminato ogni accumulo di ossido, l’alluminio puro reagiva con l’acqua salata producendo idrogeno gassoso e calore.

Foto: Tony Pulson
Gli ingegneri del MIT Aly Kombargi (a sinistra) e Niko Tsakiris (a destra) lavorano a un nuovo reattore a idrogeno, progettato per produrre idrogeno gassoso mescolando pellet di alluminio con acqua di mare.
La scoperta era degna di nota anche per un altro motivo: gli ioni presenti naturalmente nell’acqua di mare facilitavano il recupero del gallio-indio, che precipitava in una forma riutilizzabile, rendendo il processo sostenibile dal punto di vista economico e ambientale. Tuttavia, la velocità della reazione restava un ostacolo: la produzione di idrogeno, infatti, risultava lenta, limitando non poco le potenzialità applicative.
Una svolta inaspettata: i fondi di caffè.
Come spesso capita, la soluzione ad un problema può arrivare per caso. Durante una pausa, i ricercatori pensarono di tornarsene in laboratorio e di aggiungere dei fondi di caffè all’acqua di mare, e notarono un’importante accelerazione nei tempi di reazione. Analisi successive portarono a identificare l’imidazolo, un composto presente nella caffeina, come l’elemento chiave. L’imidazolo è infatti in grado di “perforare” selettivamente la superficie dell’alluminio senza interferire con il comportamento della lega gallio-indio. Grazie a questa inaspettata interazione molecolare, il tempo necessario per produrre la stessa quantità di idrogeno si riduce da due ore a circa cinque minuti.
“Questo è molto interessante per applicazioni marittime come imbarcazioni o veicoli sottomarini, perché non dovremmo trasportare acqua di mare: è facilmente disponibile”, afferma l’autore principale dello studio Aly Kombargi, dottorando presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica del MIT. “Inoltre, non dovremmo trasportare un serbatoio di idrogeno. Invece, trasporteremmo l’alluminio come ‘combustibile’ e aggiungeremmo semplicemente acqua per produrre l’idrogeno di cui abbiamo bisogno”.
Un’idea che sembrava visionaria, ma che ha trovato ulteriore conferma e sviluppo nella ricerca pubblicata lo scorso 3 giugno, meno di un anno dopo, sul Cell Reports Sustainability.
Una pallina di alluminio delle dimensioni di un sassolino, immersa in un contenitore di acqua di mare filtrata, produce idrogeno gassoso che fuoriesce dal contenitore in pochi minuti. Gli ingegneri del MIT stanno ottimizzando questa semplice reazione chimica come metodo efficiente e sostenibile per generare idrogeno, che immaginano possa essere utilizzato per alimentare un motore o una cella a combustibile a bordo di imbarcazioni e veicoli sottomarini.
2025: L’anno della svolta.
Questo secondo studio, frutto di un anno di ulteriori esperimenti e ottimizzazioni, ha portato alla progettazione di un vero e proprio “reattore compatto” (dalle dimensione di una bottiglia d’acqua), pensato per essere installato su piccoli veicoli marittimi o sottomarini. Questo dispositivo, alimentato con pellet di alluminio riciclato e attivato da una minima quantità di caffeina e gallio-indio, è in grado di produrre idrogeno direttamente a bordo, sfruttando l’acqua di mare circostante. In pratica, un sistema che consente di generare energia pulita in loco, senza necessità di trasportare serbatoi di gas compresso o fonti esterne di carburante.
“Uno dei principali vantaggi dell’utilizzo dell’alluminio è la densità energetica per unità di volume”, afferma Kombargi. “Con una quantità molto ridotta di combustibile a base di alluminio, è plausibilmente possibile fornire gran parte dell’energia necessaria a un veicolo alimentato a idrogeno”.
Inoltre, la scalabilità del sistema è stata testata anche simulando l’autonomia energetica di un piccolo aliante subacqueo. Secondo le stime del team, 18 kg di pellet sarebbero sufficienti ad alimentare il veicolo per circa 30 giorni. Un dato che apre le porte a un utilizzo pratico e continuo, soprattutto in ambienti dove la manutenzione e il rifornimento possono risultare complicati.
L’aspetto più attrattivo di questa ricerca è indubbiamente la sua circolarità. Il ciclo proposto è infatti completamente chiuso:
·Le lattine di alluminio vengono riciclate e trasformate in pellet;
·I pellet reagiscono con l’acqua di mare producendo idrogeno e calore;
·La lega gallio-indio viene recuperata grazie agli ioni naturalmente presenti nell’acqua;
·Il gas idrogeno alimenta un motore elettrico (o una cella a combustibile) senza emissioni di CO₂.
Il tutto senza necessità di trasportare grandi quantità di idrogeno in forma compressa o liquida, riducendo drasticamente i rischi legati alla sicurezza e alla logistica.
Secondo Kombargi, l’impatto di questa tecnologia potrebbe estendersi ben oltre il settore marittimo: “Con un’auto a celle a combustibile a idrogeno che utilizza 1 chilogrammo di idrogeno, è possibile percorrere dai 60 ai 100 chilometri, a seconda dell’efficienza della cella a combustibile”.
Il prossimo passo: test in mare aperto e collaborazione industriale.
Il passo successivo sarà testare il sistema fuori dai laboratori, in condizioni operative reali. Il MIT ha annunciato l’intenzione di avviare sperimentazioni in mare aperto e di avviare collaborazioni con partner industriali, in particolare nel settore navale e nel comparto del riciclo. L’obiettivo è duplice: da un lato, ridurre ulteriormente la dipendenza dai metalli rari, e dall’altro perfezionare il design dei reattori per adattarli a imbarcazioni di medie dimensioni, veicoli autonomi e, in prospettiva, a soluzioni energetiche mobili per aree isolate o colpite da calamità.
Progresso virtuoso e discreto.
Non si tratta solo di un’innovazione tecnica fine a se stessa, ma di una proposta concreta per una transizione energetica sostenibile, basata su quello che abbiamo in abbondanza e, soprattutto, “senza peggiorare le cose”: materiali di riciclo e tecnologie a basso impatto. In poco più di un anno, una reazione chimica conosciuta ma sottoutilizzata è diventata la base per un potenziale cambiamento di paradigma nella produzione e gestione dell’idrogeno.
“Ci sono molte cose da considerare”, afferma Kombargi. “Ma il processo funziona, e questa è la parte più entusiasmante. E dimostriamo che può essere sostenibile dal punto di vista ambientale”.
E grazie a “ ‘na tazzulella ‘e cafè ”…
Una tecnologia nata da un’intuizione in laboratorio, che oggi guarda a un futuro in cui l’energia sostenibile potrebbe arrivare direttamente dal mare…e alimentata da una tazzina di caffè. Allora anche il progresso ha bisogno di una pausa ogni tanto.
by O. D. B.
Fonti:
https://news.mit.edu/2025/study-shows-making-hydrogen-soda-cans-seawater-scalable-sustainable-0603
https://news.mit.edu/2024/recipe-for-zero-emissions-fuel-with-cans-seawater-caffeine-0725
https://www.cell.com/cell-reports-physical-science/fulltext/S2666-3864(24)00399-0