
Gemelli? Boh, Forse
Si dice che ognuno di noi ha una doppia anima...
by D&D
…Quello che state per leggere non è il prodotto di ricerche accademiche, ma divagazioni di un passante per caso intorno alla tecnologia.
C’è una paura che accomuna tutti, a prescindere dall’età, dalla professione o dalle passioni: il terrore della batteria scarica. Sei in giro, il telefono al 15%, e improvvisamente diventi un esploratore urbano alla disperata ricerca di una presa di ricarica USB, come se fosse l’ultima fonte d’acqua nel deserto. Possibile che, nonostante i progressi tecnologici, il nostro peggior nemico sia ancora quella percentuale che cala inesorabilmente sullo schermo?
Viviamo in un mondo iperconnesso, dove lo smartphone è più di un semplice dispositivo: è il nostro navigatore, la nostra fotocamera, il nostro biglietto del treno, il nostro contapassi e, in casi estremi, anche la nostra memoria esterna. La dipendenza è tale che la batteria non è più soltanto una questione di energia, ma una vera e propria questione esistenziale. Il 20% è come entrare in riserva, e il 5% è l’equivalente digitale del panico puro. Lo sai bene anche tu: quando la batteria scende sotto il 10%, entri in modalità di emergenza. Abbassi la luminosità, chiudi tutte le app, attivi il risparmio energetico e inizi a risparmiare ogni singolo secondo di carica come un naufrago che conserva l’ultima goccia d’acqua.
Eppure, le aziende ci promettono batterie sempre più potenti, con durate miracolose e tempi di ricarica rapidissimi. Ma perché, allora, la sensazione di precarietà non scompare mai? Il problema è che più la batteria migliora, più troviamo nuovi modi per sprecarla: lo schermo sempre più grande e luminoso, le notifiche che ci bombardano ogni secondo, le app in background che lavorano incessantemente anche mentre dormiamo. E non parliamo poi dello streaming. Guardarsi un video in 4K su un telefono grande quanto un francobollo? Un’esperienza eccezionale… fino a quando la batteria ti abbandona a metà film.
Il vero problema è che ormai siamo abituati ad avere tutto, subito e senza interruzioni. La batteria scarica non è solo un fastidio, è un’interruzione del nostro flusso digitale: ci impedisce di rispondere ai messaggi, di cercare un luogo su Google Maps, di controllare se il nostro post ha ricevuto nuovi like. È un colpo alla nostra efficienza, un intoppo che non sappiamo più gestire. E a chi possiamo dare la colpa? Alla tecnologia, che ci ha resi dipendenti, o a noi stessi, che ci siamo lasciati trascinare in questa spirale?
Se c’è una cosa che la tecnologia ha fatto bene, è darci l’illusione del controllo. Il power bank è diventato l’amuleto di sicurezza che portiamo ovunque, come una coperta di Linus per chi teme il blackout digitale. Ne abbiamo di tutti i tipi: piccoli e discreti, enormi e capaci di ricaricare un’auto elettrica, sottili come carte di credito o ingombranti come mattoni. Il problema? Il power bank, proprio come la batteria del telefono, si scarica. E così, dopo aver passato mesi a scegliere quello con la capacità maggiore, finiamo per cercare una presa anche per lui. Un ciclo infinito, un cortocircuito logico da cui è impossibile uscire.
E poi c’è la ricarica wireless, la soluzione che prometteva di liberarci dai cavi. Bella sulla carta, ma ancora poco pratica nella vita reale: funziona solo se il telefono è perfettamente allineato, il che significa che non puoi nemmeno prenderlo in mano mentre si ricarica. Un progresso che, paradossalmente, ci immobilizza. Senza contare che, appena lo sposti di un millimetro, la ricarica si interrompe e torni al punto di partenza.
Ma se c’è un vero incubo che accomuna tutti, è il telefono che si spegne nel momento peggiore: quando devi mostrare il biglietto digitale al controllore, quando sei a metà di un messaggio importante, quando il navigatore ti sta guidando nel bel mezzo del nulla. Il telefono muore e, con lui, anche la tua capacità di orientarti, comunicare e, diciamolo, sopravvivere. Se poi succede mentre stai per pagare alla cassa con il wallet digitale, e ti ritrovi a dover spiegare alla cassiera che sì, i soldi ci sono, ma sono intrappolati in un rettangolo di vetro ormai spento, allora la tragedia è completa.
E qui mi viene in mente zia Rosina: lei non ha di questi problemi. Il suo vecchio cellulare dura una settimana con una sola ricarica. Certo, non ha lo schermo touch, non fa foto in 4K e la funzione più avanzata è il gioco del serpente, ma non è mai alla ricerca di una presa. Quando le dici che la tua batteria dura meno di un giorno, lei scuote la testa e ti ricorda che ai suoi tempi i telefoni servivano solo per chiamare, non per guardare video di gattini su YouTube. E forse, un po’, ha ragione. Forse, più che nuove batterie, dovremmo imparare a staccarci un po’ dai nostri dispositivi. Ma chi ha il coraggio di farlo? La tecnologia evolve, ma l’ansia da batteria scarica rimane la stessa. E così continuiamo a vivere con un occhio sempre rivolto alla presa di corrente più vicina e l’altro alla percentuale che cala, sperando che almeno stavolta la batteria ci accompagni fino a fine giornata.
by D&D