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Transamorem Transmortem: il suono prima del silenzio

Gelmini italo red italo

Eliane Radigue? Chi la conosce? Perché mi è venuta in mente?

Non lo so. O meglio: non lo so con precisione. Di certo, non è musica: è suono. Transamorem Transmortem, una sola lunga traccia di oltre sessantacinque minuti. Difficile da raccontare. Suono non suonato, ma studiato. Modulato. Manipolato, anche. Diversamente armonico, sicuramente. Armonico come le sfere: ci siamo quasi sembra. E invece no, che non ci siamo.
Cambio di prospettiva allora: perché voglio davvero parlare di Eliane Radigue? Sì, così suona meglio.

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Pronti? Via:

Perché Eliane è ancora viva. Partiamo con stile. Ma attenzione: parliamo di una ragazza (il disco è uscito nel 1973) nata nel 1932.

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Perché è francese. E io ho un debole. Visse, ha vissuto e vive tuttora a Parigi. Dopo un matrimonio con l’artista Arman (nome d’arte di Armand Pierre Fernandez, esponente del Nouveau Réalisme), e tre figli, si è immersa nella scena artistica dell’École de Nice, frequentando personaggi come Yves Klein (pittore concettuale, celebre per il blu monocromo) e Ben (Ben Vautier, artista fluxus noto per le scritte ironiche). Tornata a Parigi nel 1967, ha ripreso a comporre, collaborando con Pierre Henry (tra i pionieri della musica concreta insieme a Pierre Schaeffer) e sviluppando una voce musicale unica.

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Perché ha un nome strano. E una vita altrettanto affascinante. Cresciuta nel quartiere di Les Halles a Parigi, in una famiglia modesta, ha studiato pianoforte e arpa fin da giovane. L’incontro con la musica concreta di Pierre Schaeffer ha segnato una svolta: è diventata sua allieva e ha lavorato al suo fianco, così come con Pierre Henry, esplorando le possibilità del suono registrato e manipolato.

Perché di lei sapevo poco, pur avendo masticato (e mal digerito, intendiamoci!) qualcosa di musica sperimentale: ho senz’altro da qualche parte un quartetto per motori di elicottero di Stockhausen, L’Egitto prima delle Sabbie, Click, M.le Le gladiateur di Battiato (e tutte le inenarrabili meraviglie composte tra il 1972 ed il 1978 dal Maestro) e senz’altro in buon ordine, esattamente tra Bennato (Edoardo) e Bersani (Samuele), c’è Berio (Luciano). Tutto qui.

La scena sperimentale in cui Eliane si inseriva era invece un crocevia di innovazioni: dalla musica concreta — che consisteva nel registrare suoni reali (voci, rumori, strumenti) su nastro magnetico per poi manipolarli tagliando, rallentando, invertendo, sovrapponendo e filtrando il materiale acustico — al minimalismo americano di La Monte Young e Terry Riley, passando per le esplorazioni sonore di Alvin Lucier e Phill Niblock. In questo contesto, Eliane ha trovato la sua strada, sviluppando un linguaggio personale fatto di droni, feedback e lente evoluzioni sonore.

Perché Eliane è bella. Molto bella. Guardate la copertina del vinile originale: bianco e nero, eterna. Fuori dal mondo, come la sua (non) musica. Immaginatela: Parigi, primi anni Settanta. Eliane attraversa di fretta un incrocio, ai piedi ballerine consumate, sotto braccio una cartella con i nastri e gli appunti del giorno. Il cielo è grigio, il marciapiede anche, ma c’è movimento. Hippie, zeppe, pantaloni a zampa. Un mondo pieno di suoni cammina con lei. Poi entra in studio, e si affida al suono come materia viva. Tecnicamente, editava frequenze con l’ARP 2500, un sintetizzatore modulare enorme, senza tastiera, in cui ogni suono veniva letteralmente costruito: collegando fili, dosando tensioni, scegliendo con attenzione i filtri.

Perché Transamorem Transmortem è una composizione strana. E sono serio: succedono cose strane, davvero. Eliane ha studiato le frequenze, sovra incidendole e modulandole in quadrifonia, affinché il suono cambiasse in base alla posizione dell’ascoltatore rispetto alla fonte. Il suono vi segue, e nel frattempo cambia. Sembra niente, ma è tantissimo. Probabilmente non ascolterete mai la stessa cosa due volte. Un suono vivo, che esiste, che respira. E poi c’è la questione del silenzio. Transamorem Transmortem parte piano — un’onda profonda che si insinua lentamente, si fa sottofondo, diventa il suono del sovrappensiero. Poi diventa spostamento d’acqua sul fondo dell’oceano, fotosintesi clorofilliana, il suono tradotto dei pianeti, il respiro delle foreste siberiane, il pulsare ritmico del sangue arterioso. Spegnete: e sentirete all’improvviso il silenzio più assoluto. Eliane si è ripresa il suo mondo, e vi ha rigettato nel vostro. Provateci, succede davvero.

Transamorem Transmortem (1973): una delle sue opere più note e ipnotiche, pensata per un sistema quadrifonico.

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Perché il suo percorso artistico è rivoluzionario e personale. L’uso del sintetizzatore come strumento di meditazione sonora. Eliane Radigue ha composto Transamorem Transmortem come esplorazione profonda del suono continuo e della percezione spaziale. Pensato per un sistema quadrifonico, il brano evolve lentamente, come un organismo vivente generando un’esperienza sonora immersiva, capace di agire sul sistema limbico più che sull’intelletto. Il titolo, che fonde amore e morte, è una riflessione sul passaggio, sull’impermanenza e sull’interiorità, temi che accompagneranno a lungo la sua produzione. La sua è una rivoluzione lenta: modulazioni minime, vibrazioni infinitesimali, tessute con pazienza e grazia sartoriale. Ogni suono è costruito, ogni variazione è scelta. E il tutto, inciso su vinile.

Perché Eliane è una signora di 92 anni, che vive ancora a Parigi. La ragazza, la donna, la signora, l’anziana che ha inventato tutto questo c’è. Scopritela. Affacciatevi al suo mondo: vi farà bene.

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Perché poi scoprirete Triptych, La Trilogie de la mort e altri tesori. Una produzione che copre più di cinquant’anni, iniziata negli anni Sessanta e culminata in lavori profondi e coerenti. Tra i dischi più significativi:

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Adnos I-III (1974–1980): trilogia meditativa sul suono continuo e la dilatazione temporale.

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Trilogie de la Mort (1998): ispirata al Libro tibetano dei morti, un’opera monumentale sulla soglia tra vita e dissoluzione.

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Jetsun Mila (1987): omaggio al poeta e yogi tibetano Milarepa, esempio di spiritualità sonora.

Perché non sono dischi a buon mercato.

Fateveli regalare al compleanno!

by Fabrizio Gelmini

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