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un raggio di luce potrebbe cambiare il futuro delle maculopatie.

Potrebbe arrivare dalla Finlandia una delle più promettenti innovazioni nel trattamento della degenerazione maculare legata all’età (AMD): una delle principali cause di cecità nel mondo occidentale. A partire dalla prossima primavera, all’Università di Aalto inizierà una sperimentazione clinica su esseri umani che, se i risultati confermeranno quelli già ottenuti sugli animali, potrebbe tradursi in un trattamento disponibile nei centri oculistici nel giro di soli tre anni.

La degenerazione maculare secca, la forma più comune della malattia, colpisce circa un terzo delle persone oltre gli ottant’anni (solo negli USA parliamo di oltre 20 milioni di persone sopra i quarant’anni). A differenza della forma umida, che può essere trattata con farmaci iniettati nell’occhio, la forma secca non ha ancora una terapia efficace. È una patologia subdola: progredisce lentamente, erodendo la capacità di vedere ciò che si trova al centro del campo visivo, fino a rendere impossibili anche le attività quotidiane più semplici, come leggere o riconoscere un volto.

La Soluzione sta nel Giusto Calore.

Oggi, però, la ricerca finlandese apre una nuova prospettiva. Il gruppo guidato da Ari Koskelainen, professore di biofisica presso l’Università di Aalto, ha sviluppato un approccio basato su un riscaldamento controllato dei tessuti retinici per stimolare i naturali meccanismi di difesa delle cellule danneggiate.

“La funzionalità cellulare e i meccanismi protettivi si indeboliscono con l’età, esponendo il fondo oculare a un intenso stress ossidativo,” spiega Koskelainen. “I radicali liberi dell’ossigeno danneggiano le proteine, causandone un ripiegamento anomalo e un’aggregazione, con conseguente accumulo di depositi proteici adiposi chiamati drusen, che rappresentano il principale criterio diagnostico per la forma secca della degenerazione maculare legata all’età.”

Il principio è sorprendentemente semplice, a scapito di un’attuazione estremamente attenta e precisa. Applicando una lieve “scossa termica”, controllata con un laser infrarosso vicino, si attivano due processi cellulari fondamentali: la produzione di proteine da shock termico (HSP) e l’autofagia, il meccanismo con cui le cellule “ripuliscono” se stesse dai detriti tossici. Entrambi servono a mantenere l’omeostasi proteica, ossia il corretto equilibrio delle proteine che regolano la vita cellulare.

“Siamo riusciti a dimostrare che possiamo attivare non solo la produzione di proteine da shock termico, ma anche l’autofagia utilizzando gli shock termici. Questo processo è simile allo smaltimento dei rifiuti,” afferma Koskelainen.

Quando lo Stress Aiuta e la Precisione è Fondamentale.

Il concetto alla base è quello dell’ormesi: un piccolo stress che può rendere l’organismo più forte. Così, mentre un calore eccessivo (oltre i 45°C) distruggerebbe le cellule, un aumento di temperatura attentamente dosato stimola le loro difese naturali. Il problema, finora, era proprio riuscire a controllare con precisione millimetrica la temperatura dietro la retina, una regione delicatissima.

Il gruppo di Aalto ha risolto la questione combinando il laser con una tecnica chiamata elettroretinografia focale (fERG), che consente di monitorare in tempo reale le variazioni di temperatura attraverso le risposte elettriche della retina. Così è possibile riscaldare il tessuto retinico di pochi gradi, restando nella “zona terapeutica” che stimola la rigenerazione cellulare ma evita ogni danno.

Nei test condotti su maiali e topi, il metodo si è dimostrato efficace e sicuro. I ricercatori hanno osservato che portando la temperatura dei tessuti a circa 44°C per 60 secondi si innescano risposte citoprotettive senza effetti collaterali visibili. Solo oltre i 48°C si verificano lesioni retiniche. La precisione nel controllo termico raggiunta è stata di 0,6°C, un margine che rende il trattamento affidabile e ripetibile.

La Sperimentazione Umana: Ardua ma Vicina.

Ma la strada verso l’uomo è complessa e rigorosamente regolata. Nella primavera del 2026, in Finlandia, partirà la fase clinica I, mirata a verificare la sicurezza del metodo su pazienti con diagnosi precoce di AMD secca. In questa prima fase non si cercherà ancora di misurare l’efficacia terapeutica, ma soltanto la tollerabilità del trattamento. Successivamente, se tutto andrà bene, si passerà a definire la frequenza ottimale delle sedute e la durata dell’effetto protettivo.

“Il trattamento deve essere ripetuto, poiché la risposta può già iniziare a diminuire alcuni giorni dopo il trattamento,” precisa Koskelainen.

La ricerca, pubblicata su Nature Communications lo scorso 29 ottobre, ha già suscitato grande interesse nella comunità scientifica. Parallelamente, Koskelainen e il suo team hanno fondato la start-up Maculaser, che avrà il compito di portare la tecnologia fuori dai laboratori e verso il mercato.

“Un programma ottimistico vedrebbe il metodo già utilizzato nelle cliniche oculistiche ospedaliere nel giro di appena tre anni,” ha dichiarato Koskelainen. “L’obiettivo finale è che sia facilmente reperibile presso il vostro oculista di fiducia.”

Un’Apparente Semplicità Figlia di una Profonda Conoscenza.

Dietro la semplicità apparente della procedura si nasconde una raffinata comprensione dei meccanismi cellulari dello stress e della proteostasi. Le cellule dell’epitelio pigmentato retinico (RPE), che nutrono e proteggono i fotorecettori, sono sottoposte a un costante bombardamento di luce e ossigeno, condizioni che generano radicali liberi e danneggiano le proteine. Quando i sistemi di difesa (proteine da shock termico, proteasoma e autofagia) si indeboliscono con l’età, le proteine danneggiate si accumulano, portando alla degenerazione cellulare.

Le stesse alterazioni si riscontrano in patologie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson: non a caso, molti scienziati vedono nella retina una sorta di finestra del cervello, dove si possono osservare in diretta i processi che avvengono anche a livello neuronale.

Da Potenzialmente Dannoso a Mezzo di Rigenerazione.

Finora, i trattamenti laser non distruttivi (noti come terapie sottosoglia o micropulsate) avevano dato risultati incostanti: mancavano strumenti per calibrare con precisione l’intensità e la temperatura del laser, costringendo i medici a un approccio empirico. Il nuovo metodo risolve proprio questo limite, trasformando il laser da potenziale fonte di danno a strumento di rigenerazione controllata.

In termini più ampi, il lavoro del team finlandese rappresenta anche un cambio di paradigma nella medicina oculare: non più solo riparare il danno, ma stimolare i meccanismi di autoguarigione del tessuto. È una prospettiva che potrebbe estendersi anche ad altre patologie retiniche, come la retinopatia diabetica o la corioretinopatia sierosa centrale, e che riflette una visione della medicina sempre più dinamica, dove la prevenzione e la stimolazione fisiologica contano quanto la cura diretta.

Incrociare le Dita è D’uopo.

Nel frattempo, la comunità scientifica, memore di decenni di promesse infrante contro le numerose complessità cliniche e tecnologiche, guarda alla sperimentazione finlandese con un misto di cautela e speranza.

Se i risultati preclinici verranno confermati, milioni di persone potrebbero beneficiare di un trattamento non invasivo, indolore e ripetibile, capace di fermare una delle forme più diffuse di cecità senile: il laser “intelligente”, che scalda senza bruciare, potrebbe davvero segnare un punto di svolta.

by O. D. B.

Fonti:

https://www.aalto.fi/en/news/new-macular-degeneration-treatment-the-first-to-halt-diseases-progression

https://www.nature.com/articles/s41467-025-64095-6

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