“Pillola blu, fine della storia, domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant’è profonda la tana del Bianconiglio”.
Matrix
Noto che di questi tempi c’è tutta una retorica “sul sii te stesso, afferma te stesso, prenditi ciò di cui hai bisogno”. Ma.. prima domanda, è così facile sapere di cosa ho bisogno? Perché non è l’equivalente di “sguinzaglia i tuoi istinti e segui i tuoi impulsi, e dall’altra parte, per nostra sfortuna, difficilmente i miei bisogni profondi corrispondono a quello di cui razionalmente penso di avere bisogno”. Altro piccolo particolare.. e quando i miei bisogni sono divergenti da quelli dell’altro, come faccio ad affermare i miei? Con la legge della jungla? Voglio solo dire che non è semplice, non è così semplice, non è sempre semplice, dipende. Invece sembra tutto netto e definito, o sei te stesso o non lo sei, o segui i tuoi bisogni oppure sei una persona dimessa, o ti affermi o sei un represso, o vinci o perdi, o è bianco o è nero, o prendi la pillola rossa e sei un risvegliato o prendi la pillola blu e rimani addormentato in un mondo di illusioni.
Forse invece abbiamo solo un bisogno disperato di sfumature. Di stare nelle zone grigie, nelle zone indefinite, nelle domande, nei dubbi, nelle zone senza forma in cui non siamo troppo concentrati nell’identificarci nell’essere qualche cosa. Perché ci raccontiamo tante storie, in continuazione su chi siamo e su come siamo, sia che alla proposta di Morpheus avessimo scelto la pillola rossa che quella blu.
Ci raccontiamo storie, narrazioni, favole, e ci crediamo ciecamente. Ogni definizione che posso appiccicarmi addosso, oltre a darmi un momentaneo senso di sollievo, racconta davvero chi sono? O piuttosto per principio di coerenza, visto che “io sono testarda” allora mi comporto da testarda? Ma lo sono davvero? In ogni situazione? Con tutti? Da sempre e per sempre? È che poi io ci credo alle storie che mi racconto, mi comporto di conseguenza e leggo il mondo con queste lenti, divento quello che dico di essere, mi ci identifico, mi ci riconosco, e questo mi tranquillizza. Ma chi sono, rimane un insondabile mistero.
E quindi?
Se riesco a lasciare una finestra aperta ai dubbi, alla sfumature, all’incertezza e riesco anche a non farmi divorare dall’ansia che me ne viene, forse riesco a raccogliere meglio le sensazioni fisiche che provo e che raccontano qualcosa di più sulle mie emozioni spontanee, su chi sono, almeno in quel momento lì. E a cosa mi porta? Non saprei proprio. Ma così sto in contatto con un brandello di verità.
Capisco che non suoni proprio molto cool ma a meno di non farci un viaggio lisergico o farci prendere da un delirio ideativo, magari è identificandomi di meno nei film che mi faccio, che potrei vedere le meraviglie della tana del Bianconoglio.