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la rivoluzione tecnologica su scala subcellulare.

I dispositivi indossabili sono ormai parte della quotidianità: fitness tracker e smartwatch, ad esempio, interagiscono costantemente con il nostro corpo per monitorare parametri vitali come la frequenza cardiaca e le fasi del sonno. Ora, gli scienziati del MITMassachusetts Institute of Technology, stanno portando questo concetto nel mondo dell’estremamente piccolo, sviluppando una tecnologia capace di interagire direttamente con le cellule cerebrali.

La ricerca è apparsa lo scorso 31 ottobre su Nature Communications Chemistry, supportati dalla Swiss National Science Foundation, la US National Institutes of Health Brain Initiative e il MIT.nano: questi dispositivi, dalle dimensioni microscopiche e privi di batteria, sono progettati per essere “indossati” dai neuroni e potrebbero aprire nuove frontiere per la ricerca scientifica e medica, sondando aree subcellulari e, potenzialmente, aiutando a ripristinare funzioni cerebrali compromesse.

Questa tecnologia si basa su dispositivi polimerici di azobenzene, un materiale flessibile che si attiva con la luce. Essi sono in grado di avvolgersi attorno a parti delicate del neurone, come assoni e dendriti, con una precisione mai raggiunta prima e, innanzitutto, senza danneggiare le cellule.

“Il concetto e la tecnologia della piattaforma che introduciamo qui sono come una pietra miliare che porta con sé immense possibilità per la ricerca futura”, spiega Deblina SarkarAT&T Career Development Assistant Professor presso il MIT Media Lab e il Center for Neurobiological Engineering, nonché responsabile del Nano-Cybernetic Biotrek Lab.

Il dispositivo che avvolge i neuroni.

Le forme complesse delle cellule cerebrali hanno sempre reso difficile, per i ricercatori, sviluppare impianti che potessero adattarsi ai neuroni. Infatti, assoni e dendriti, le fibre che trasmettono e ricevono gli impulsi elettrici nei neuroni, sono fragili e sottili, simili a fili, con strutture complesse e curviforme. La soluzione è stata trovata creando sottili fogli di azobenzene, programmati per arrotolarsi attorno alle cellule quando stimolati dalla luce e senza causare danni. L’azobenzene si rivela, così, un materiale ideale per questo scopo, grazie alla sua flessibilità e alla capacità di formare microstrutture complesse.

Peculiarità che, variando la polarizzazione e l’intensità della luce, permettono di regolare la dimensione dei microtubi (che si formano per avvolgere i complessi filamenti nervosi) con un controllo eccezionale.

“È possibile controllare in modo molto preciso il diametro della laminazione. Puoi fermarti quando raggiungi una determinata dimensione desiderata, regolando di conseguenza l’energia luminosa”, chiarisce Sarkar, spiegando come questi dispositivi si adattino alla complessità e alla delicatezza delle cellule nervose.

Tecniche di fabbricazione all’avanguardia.

Il processo di produzione dei dispositivi indossabili subcellulari inizia depositando una goccia di azobenzene su uno strato idrosolubile, che funge da supporto temporaneo. La successiva fase prevede la modellazione del polimero, creando diverse strutture, anche complesse (da semplici rettangoli a forme floreali), grazie a un processo di stampaggio. Infine, lo strato di supporto viene dissolto in acqua, lasciando i dispositivi fluttuanti pronti per essere attivati. Inoltre, in assenza di luce, queste strutture restano stabili per giorni, mantenendo la loro conformazione e, di conseguenza, la loro funzionalità.

Questi dispositivi hanno superato con successo i test di biocompatibilità rivelandosi capaci di avvolgere saldamente assoni e dendriti, anche curvi, e riuscendo a non danneggiarli.

“Per avere interfacce «intime» con queste cellule, i dispositivi devono essere morbidi e in grado di adattarsi a queste strutture complesse. Questa è la sfida che abbiamo risolto in questo lavoro. Siamo stati i primi a dimostrare che l’azobenzene poteva persino avvolgere le cellule viventi”, afferma Sarkar.

Nuovi orizzonti per la neurologia.

La possibilità di utilizzare dispositivi indossabili per rivestire i neuroni offre prospettive affascinanti per la cura di patologie neurodegenerative. Poiché l’azobenzene è un isolante, i dispositivi creati con questo materiale potrebbero un giorno fungere da strato sostitutivo della mielina. La mielina, infatti, è una guaina che isola gli assoni e permette il passaggio ottimale degli impulsi elettrici tra i neuroni, garantendo la corretta trasmissione delle informazioni. Nella sclerosi multipla, malattia caratterizzata dalla progressiva perdita della mielina naturale, una guaina sintetica di azobenzene potrebbe ridurre il rischio di danni e contribuire a ripristinare parte della funzione neuronale compromessa.

L’uso dell’azobenzene, come mielina artificiale, potrebbe rivelarsi solo un primo passo. Grazie alla stretta connessione che si può ottenere con i neuroni, questi dispositivi potrebbero anche essere dotati di nanomateriali conduttivi in grado di stimolare i neuroni. Strati aggiuntivi di materiali come i nanomateriali conduttivi possono essere incorporati per offrire nuove possibilità di rilevamento e stimolazione, modulando l’attività dei neuroni con un basso consumo energetico.

Flavia Vitale, professoressa associata di neurologia, bioingegneria e medicina fisica e riabilitazione presso la Pennsylvania University, ha descritto questa ricerca come un significativo passo avanti:

“Questo lavoro è un passo entusiasmante verso nuove interfacce neurali simbiotiche che agiscono a livello dei singoli assoni e sinapsi. Quando integrati con nanomateriali conduttivi 1D e 2D su scala nanometrica, questi fogli di azobenzene sensibili alla luce potrebbero diventare una piattaforma versatile per rilevare e fornire diversi tipi di segnali ai neuroni e ad altri tipi di cellule in modo minimamente, se non invasivo.”

Un futuro di dispositivi indossabili subcellulari personalizzati.

I ricercatori prevedono che in futuro sarà possibile personalizzare la superficie di questi dispositivi con molecole specifiche, così da permettere ai dispositivi di trattare non solo singoli neuroni, ma anche particolari regioni subcellulari. Questo livello di precisione consentirebbe di creare dispositivi mirati a specifiche necessità terapeutiche, portando a risultati potenzialmente rivoluzionari per il trattamento di malattie neurologiche complesse.

La tecnologia non è ancora pronta per applicazioni cliniche, ma gli avanzamenti finora ottenuti suggeriscono una strada promettente per lo sviluppo di nuovi strumenti terapeutici non invasivi e che operino a un livello di interazione cellulare senza precedenti.

Come conclude Sarkar: “È entusiasmante dimostrare questa simbiosi, di un dispositivo artificiale con una cellula, a una risoluzione senza precedenti. […] questa tecnologia è possibile.”

By O. D. B.

Fonti:

https://news.mit.edu/2024/wearable-devices-for-cells-1031

https://www.nature.com/articles/s42004-024-01335-8

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