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MORITURI

"Prima quelli li tenevo per le palle perché non sapevano quando sarebbero morti, stavano in riga, camminavano sulle uova, ma ora che sanno, non si faranno più manovrare, vorranno decidere cosa fare della vita che gli resta". 
(da “Dio esiste e vive a Bruxelles”. )
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In spiaggia fino a tardi, il sole ormai vicino al tramonto, la luce dorata, la calma , le ultime persone che se ne vanno. Guardo questa giornata che sta finendo e mi pervade un senso di tristezza e di angoscia. Questa giornata, questa vacanza, sta finendo. Un’altra estate, un altro anno se ne sta andando. Mi attanaglia in una morsa la consapevolezza dolorosa che presto o tardi dovrò lasciare questa vita. Presto o tardi non ci sarò più.  Come faccio adesso a vivere con questo pensiero? Posso non pensarci, posso rifuggirlo, posso ignorarlo, ma la sua semplice e disarmante verità rimane, anche se io decido di non guardarla. Io con la mia personalità a cui sto dedicando tanta attenzione, Io con le persone che sono così importanti per me, Io con il mio lavoro e i mei impegni a cui dedico tanti sforzi, i miei progetti, i miei obiettivi, tutto ciò passerà, l’Io cesserà di esistere.  Tutti almeno una volta abbiamo attraversato questi pensieri…ma poi cosa ce ne facciamo? Non ne sosteniamo il peso e ci consoliamo in qualche modo o più semplicemente ci distraiamo, ce ne dimentichiamo e tiriamo avanti.  Ma se sapessimo la data della nostra morte o se ne avessimo la percezione certa, solida, oggettiva, ci lasceremo vivere nello stesso modo?

Sembra entrarci poco con questo discorso, ma c’è un fatto che mi colpisce.

Gli studiosi segnano tra i tratti distintivi della nostra specie, l’inizio del culto dei morti. Nel momento in cui il cervello si espande e nascono l’homo di Neanderthal e l ’homo Sapiens, nasce la consapevolezza della morte,  consapevolezza che porta i nostri antenati  a prendersi cura dei corpi dei morti, sottraendoli alle iene e ai corvi,  seppellendoli, posizionandoli, accompagnandoli con gli oggetti cari al defunto. È un salto epocale, che renderà questi due ominidi  inevitabilmente diversi dai precedenti e dalle altre specie animali. Quindi il sapere di essere mortali deve essere una cosa importante, così importante da essere la prerogativa di un cervello più sviluppato. Forse perché è il primo segno tangibile dell’accorgersi di avere una Coscienza.  Una Coscienza che sa che c’è la morte, sa che c’è la vita. Una coscienza che si ricorda che c’è la vita, si ricorda che c’è la morte, un impasto di bianco e nero che contiene al suo interno tutti i colori, tutta la molteplicità delle manifestazioni possibili. Certo, possiamo fare finta che il nero non esista, che la notte non ci sia, che questo non ci riguardi e vivere alla sola luce del sole per la piena soddisfazione del nostro Io. Oppure posso ricordarmene, vivere nella luce e nelle tenebre dell’ignoto e cercare di riempire le mie giornate, non di attività da bruciare e consumare in una fame di vita impossibile da saziare, ma di presenza. Essere presente a me stesso, ricordarmi di essere vivo in questo momento, con le sensazioni di questo momento, perché il momento appena trascorso è morto, quello futuro non è ancora nato, sono costruzioni della mia mente. Arrendermi all’ignoto, alla notte, alla morte dell’Io, e contemporaneamente impegnarmi ad essere presente e protagonista della mia esistenza.

Riuscissimo davvero..  forse dedicheremmo più spazio a quello che ci rende felici e che ci fa sentire armonia, sintonia, bellezza, comunione, amore. Riuscissimo davvero.. forse non ci crogioleremmo così tanto nei nostri problemi, o nei nostri successi, riuscissimo davvero, non ci faremo ancora dominare dalla legge della jungla, magari non ci scanneremo più l’un l’altro e non ci sarebbero più lotte di potere, faide, guerre e distruzioni.

Magari per questo, aspettiamo un nuovo salto evolutivo, un’altra specie più evoluta che ci seppellirà tutti.

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