
Nel 1982 una ventenne chiamata Isabelle Antena pubblica Camino del Sol, un disco fragile e seducente che attraversa quarant’anni senza perdere, lo assicuro, un briciolo di fascino: e c’è qualcosa di strano e meraviglioso che accade quando ti imbatti in Camino del Sol.
Strano come un sogno che ti rapisce nel pomeriggio, questo disco è un’evasione sonora che continua a stregarmi: si muove in punta di piedi tra le onde radio del 1982 e atterra, con elegante naturalezza, in un punto indefinito tra Copacabana e Bruxelles.
Pubblicato da Les Disques du Crépuscule nel settembre di quell’anno, su vinile 10” dalla copertina solare e obliqua (opera di Benoît Hennebert, figura chiave dell’estetica visiva dell’etichetta, noto per il suo stile minimalista e raffinato), Camino del Sol è sia album d’esordio che testamento degli Antena, trio francese formato da Isabelle Powaga (che si firma, appunto come Isabelle Antena), Sylvain Fasy e Pascale Moiroud. Un gruppo durato lo spazio di un disco, ma capace di influenzare decenni.
Ma chi è Isabelle Powaga?
Un nome quasi inventato, con sapore esotico, tribale e d’altri tempi. Isabelle è una ventenne francese di origini polacche, colta, timida e dalla voce sottile. Lavora come ragazza alla pari nella casa londinese di Rick Wakeman (sì, il tastierista degli Yes), si nutre di Kraftwerk, Miles Davis, Suicide e Astrud Gilberto. Quando torna in Francia, nel 1981, forma gli Antena e registra una demo artigianale. La invia a tre etichette. Solo una risponde: l’elegante e sperimentale Les Disques du Crépuscule, che la invita in studio a Bruxelles.
Perché Camino del Sol?
Il titolo (perfetto) – che in spagnolo significa “sentiero del sole” – sembra scelto per evocare una fuga silenziosa verso uno stato d’animo fatto di luci e penombre, languore e malinconia. Non è uno scialbo viatico per pellegrini, né lo spudorato nome di un hotel balneare: è una vacanza disperata (Antena, in un’intervista a Resident Advisor) dall’estetica immaginifica, una freccia puntata direttamente all’orizzonte, un viaggio musicale elegante, crepuscolare e cosmopolita, che segue una traiettoria mentale accompagnandoti per mano. Non importa chi tu sia, ti fa chiudere gli occhi e ti trascina altrove. Al ritmo lento di un’evasione sonora che unisce elettropop, lounge e malinconia.
Un suono che non assomiglia a nulla
Sin dalle prime note di “Achilles”, è chiaro che Camino del Sol vive fuori dal tempo. C’è una drum machine Roland TR-808 che pulsa con grazia matematica, una voce che non canta ma respira, e accordi jazzati alla Jobim che sembrano filtrati attraverso un synth analogico.
La title track, poi, è un gioiello melodico a parte. Un catalogo turistico recitato su bossa sintetica: “Hotel, Palm Beach, Air Florida…”, senza la plastica degli spot da agenzia: c’è la nostalgia di un posto che non esiste, l’eros accennato di una cartolina mai spedita, la sensualità pigra di un pomeriggio senza appuntamenti. “C’era una vera sensazione tra noi che fossimo pionieri”, racconterà la stessa Isabelle, sempre a Resident Advisor.
E mentre ascolti questi pezzi – To Climb the Cliff, Bye Bye Papaye, Sisséxa – con la loro andatura languida e tropicale, non puoi non pensare a quando, anni dopo, nell’anno di (poca) grazia 1989, i francesi Kaoma ed un furbissimo Jean Karakos hanno maldestramente provato a giocare con le stesse carte, propinandoci la sensualità confezionata a tavolino (questo sì, da centro commerciale) della Lambada.
Ma per favore.
Camino del sol è tutt’altro: una carezza mulatta, una passeggiata a piedi nudi su un pavimento fresco, l’alfabeto segreto di un’adolescente nella sua prima vera estate.
Anticipare il futuro con dolcezza
E se tutto questo suona oggi incredibilmente moderno, c’è un motivo. Gli Antena hanno anticipato la chillout, la downtempo, certi passaggi dell’acid jazz e persino il minimalismo francese degli Air. Vent’anni prima che i Nouvelle Vague trasformassero Love Will Tear Us Apart (e altre assortite meraviglie) in una sigletta da discobar, Isabelle aveva già capito come flirtare con la bossa nova senza scimmiottarla, restituendole mistero e grazia. Dove i Nouvelle Vague fanno il verso a ciò che già conosciamo, gli Antena creano qualcosa di realmente nuovo.
E dopo?
Isabelle non sparisce, ma quasi. Continua a pubblicare, questa volta come Isabelle Antena. Il suo stile si fa più jazzato, più sofisticato, ma mantiene sempre quella delicatezza di fondo. Collabora con John Foxx, naviga tra pop e latin jazz, con una coerenza rara. Ma Camino del Sol resta la vetta, il luogo dove tutto era possibile e tutto sembrava ancora da inventare.
In sintesi
Invidio chi non conosce Camino del Sol. Potessi riascoltarlo io, per la prima volta e con orecchio vergine.
Con Antena state per scoprire qualcosa di intimamente magico. Aprite le orecchie e immaginatevi lì, dentro la magnifica copertina del disco: tra profumi silenziosi, lunghe penombre, pomeriggi eterni, in un paesaggio diagonale da dehors, appena chiuso, non ancora aperto. Nessuna figura umana, ma tutto profuma di presenza: come se qualcuno fosse appena passato e avesse lasciato un profumo, un bicchiere appoggiato sul tavolino, un refolo inaspettato di freschezza: una musica che suona ancora.
Fidatevi.
by Fabrizio Gelmini