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Hollywood Babylon – Prima Parte

Hollywood Babylon. La seduzione come verità del cinema. Proposte della Cineteca di Bologna. Prima parte.

Un’ennesima rilettura del significato di Hollywood nella storia del cinema è stata di recente (nelle sale ad inizio anno, proposto in anticipo anche dalla Cineteca di Bologna) cinematograficamente proposta da un regista americano – recidivo in questo senso – che ha enfatizzato il momento del passaggio, avvenuto tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, dal cinema muto a quello sonoro. Si tratta di “ Babylon” di Demian Chazelle, (di fatto escluso dagli Oscar del 2023) già sull’argomento con “La La land” (2016, premiato invece con diversi Oscar e altri premi nel 2017), anche se in toni alquanto diversi. Il titolo del film, anche se non esattamente il film, richiama la celebre opera di Kenneth Anger, “Hollywood Babylon” (uscito in Francia nel 1959 e „ripetuto“ – con un secondo volume – nel 1984, per soldi), una sorta di leggendario pamphlet romanzato diretto dall’autore, del tutto sedotto dalla nuova arte, contro Hollywood stessa, ma che, più che essere un documento “storico”, ne ha soprattutto alimentato la “leggenda” e rafforzato la potenza seduttrice. Come è forse successo con tutti i prodotti cinematografici e letterari “anti- hollywoodiani”, viene il sospetto.

Ma non è nostra intenzione – forse una delle prossime volte – addentrarci nella profonda superficie del fenomeno hollywoodiano che Chazelle ci propone, quanto iniziare una breve ricognizione cinematografica sulla, appunto, seduzione che il cinema, particolarmente quello hollywoodiano, esercita su se stesso e su chi lo fa. Il sottosuolo del cinema rimane, in fondo, infatti, il cinema stesso, come con il film di Chazelle. Ed è questo che, forse, soprattutto, in definitiva, seduce anche lo spettatore.

Qualcuno si ricorderà, per iniziare, di un celebre film di uno dei grandi registi hollywoodiani, Billy Wilder, con Erik von Stroheim e Gloria Swanson, entrambi già stelle del cinema muto, dal titolo “Sunset Boulevard” (1950), che ne celebra il malinconico, drammatico, tramonto , mostrando, nel contempo, nei personaggi del nuovo, la sua durezza e spietatezza. Una vera anamorfosi del primo, ma in realtà non più spietato di lui. Swanson e von Stroheim avevano, infatti, già conosciuto questa durezza e i pesanti condizionamenti di una macchina industriale e commerciale quale era, già nella sua fase più creativa e turbinosa, già negli anni Venti, la, a tratti geniale, futura Heavy Factory della produzione di massa di “sogni” – quale abusato, equivoco e tanto celebrato ossimoro! – hollywoodiana.

L’eleganza dello stile di Wilder e la sontuosa recitazione delle due vecchie glorie del cinema hollywoodiano (che, in fondo, recitano qui se stesse) hanno garantito a quest’opera un successo ed un’ammirazione duraturi.

La discesa finale dei gradini della scala della sua villa di Gloria Swanson, sulla scena Norma Desmond, attrice che vive di glorie passate, come se il tempo si fosse fermato ad allora , fittiziamente ripresa come se fosse ancora una grande star dal suo chauffeur- maggiordomo, regista del cinema muto ormai relegato in un mondo passato e segregato (impersonato da Erich von Stroheim, già regista nella realtà della stessa Swanson, che lo licenziò dal suo ruolo) è rimasta come potente immagine della struggente, decadente e tragica fine di un mondo e della sua grande capacità di fascinazione.

By OLDTIMER

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