Ospiti indesiderati (Manu – Foresta pluviale vergine)

"La maggior parte degli esseri umani ha una capacità quasi infinita di dare le cose per scontate" 
Aldous Huxley

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Agiamo come padroni del mondo. Come se tutto ci fosse dovuto. Anestetizzati dal comfort, dalla tecnologia.

E non pensiate che non ami l’uno e l’altra. Anzi. Però’… 

…accade che l’anestesia perda il suo effetto. Almeno temporaneamente. E qualcosa si risveglia. 

Due ore sono passate da quando abbiamo lasciato il nostro accampamento lungo il fiume Alto Madre di Dios per navigare il fiume Manu diretti verso il lago Salvador, nella foresta amazzonica omonima Manu, in Perù’.

Tempo di sgranchire le gambe e usare la ‘toilette’. Una di quelle strisce di sabbia umida, soffice tiepida, su cui lasciare la mia solitaria impronta.

Tonnellate di scia d’acqua verde continuano a scorrere ospitando la più’ ricca biodiversità del Perù’, pirana inclusi, mentre la barca rallenta.

Tronchi di alberi un tempo poderosi fluttuano liberi.

Un caimano prima completamente mimetizzato nella sabbia, si butta in acqua appena la barca si avvicina alla riva.

Scendo. E…puff… un nuovo videogioco inizia immediatamente. 

Level 1. Atterro su un altro pianeta. Un regno di cui non conosco i codici. Invitante e pericoloso. 

Come il primo giorno di scuola. Eccitazione e paura insieme.

Metto il primo piede sulla sabbia, poi un passo dietro l’altro, diretta al cespuglio più’ fitto. Piano. Con attenzione. Come se ognuno fosse il primo e l’ultimo.

Un giaguaro potrebbe uscire all’improvviso a scaldarsi sulla stessa spiaggia. Vedo le impronte fresche, di passi recenti e felini.

Le mosche sono tante e molto aggressive.

Uccelli tinti di colori insoliti volano sulla mia testa.  La giungla fitta inizia immediatamente al margine, e da qui appare davvero inavvicinabile. 

Il silenzio è’ leggero e denso. 

Level 2. Zac, l’anestesia e’ esaurita. Sento i miei confini vibrare. Provo profonda gratitudine e un senso di sana, oserei dire regale, umiltà’. Un regnante deve sapere quale sia il suo limite, qualunque sia il proprio regno.

Non potrei sopravvivere da sola qui. A meno di non credere nella favola di Tarzan, il re della giungla. 

Qui posso solo so-stare, con molta precauzione. Incamerare l’energia. E andare. 

Qui sono l’ospite. Spesso indesiderato, considerato cosa i miei simili hanno fatto prima e allora.

Venire in tanti, armati e macchinati come eroi di un altro videogioco e’ l’unica possibilità,

se vogliamo vincere e impossessarci di questa dimensione. 

Provare per un attimo e per sempre quella sensazione di essere minuscola, vulnerabile di fronte alla forza di questa natura e sentire chiaro il regale limite, mi risveglia. 

Level 3.

A cosa? 

Al rispetto profondo per un sistema nato molto prima di noi, e capace di espandersi crescere evolvere senza il nostro umano intervento. Umiltà’ regale.

Al desiderio di continuare a Grattare – la superficie delle scatole cui viviamo – e Vincere  – un senso di appartenenza alla potenza della vita, piuttosto che all’onnipotenza fittizia che ci attribuiamo.

Al bisogno di riempire il mio piccolo regno e i suoi confini de-limitati dalle forze naturali esterne, di  nomi, città’, cose, animali, attività significative. Sostenibili. Creative non distruttive. 

Game over. 

Riempita di ciò’, viva e sveglia, torno alla barca per continuare la navigazione verso Salvador, a qualche comodità’ fra un po’, e alla tecnologia domani. 

Non dormiente padrona, ma umile ospite, desiderante.

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English

Uninvited Guests (Manu – Virgin Rainforest)

"Must human beings have an almost infinite capacity to take things for granted"
Aldous Huxley.

We act as if we were the masters of the world. As if everything was due. Anesthetized by comfort, and technology.

And it’s not that I don’t like them. On the contrary. However…

… it happens that the anesthesia loses its effect. At least temporarily. And something awakens.

Two hours have passed since we left our camp along the Alto Madre di Dios River, to navigate the Manu River towards Lake Salvador, in the Manu Amazon rainforest, Peru.

It’s time to stretch my legs and use the ‘toilet’. One of those strips of moist, soft, warm sand where to leave my solitary footprint.

Tons of green  water keep flowing as the boat slows down.

Trunks of once mighty trees float free.

A previously invisible caiman jumps into the water as soon as the boat approaches the shore.

I step down. And… poof… a new video game starts immediately.

Level 1. I land on another planet. A realm whose codes I don’t know. Tempting and dangerous. Like the first day of school. (Excitement and fear together).

I put my first foot on the sand, then one step after another, heading for the thickest bush. Carefully. As if everyone was the first and the last.

A jaguar could suddenly come out to warm up on the same beach. I see the fresh footprints, of recent and feline steps.

The flies are many and very aggressive.

Birds dyed in unusual and bright colors fly over my head. The thick jungle starts immediately at the edge, and from here it appears really unapproachable.

Silence is light and dense.

Level 2. Zac! The anesthesia is exhausted. I feel my boundaries vibrate. I feel deep gratitude and a sense of healthy, dare I say regal, humility. A ruler must know what his limits are, whatever his kingdom.

I couldn’t survive alone here. Unless you believe in the tale of Tarzan, the king of the jungle.

Here I can only pause, with great caution. Capture the energy. And go.

Here I am the guest. Often unwanted, considering what my fellow humans have done before and then.

We must come in large numbers, armed and machinated like heroes from another video game, if we want to win and take over this dimension.

Feeling for a moment and forever that sensation of being tiny, vulnerable in the face of the force of this nature and feeling clearly my royal limit, awakens me.

Level 3.

To what?

To a deep respect for a system that was born long before us, and capable of expanding and evolving without our human intervention. Royal humility.

To the desire to continue to Scratch – the surface of the boxes we live in – and Win – a sense of belonging to the power of life, rather than the fictitious omnipotence that we attribute to ourselves.

To the need to fill my little kingdom and its boundaries-  de-limited by external natural forces- with meaningful ‘names, cities, things, animal and activities’. Sustainable. Creative non-destructive.

Game Over.

Filled with all of this, alive and awake, I return to the boat, to some comfortable conveniences in a while, and to technology tomorrow. 

Not a sleeping master, but a humble and desiring guest.