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Rubin: il telescopio unico nel suo genere ma anche una fotocamera

Vent’anni fa era solo un’idea, sicuramente grandiosa ma, allo stesso tempo, non finanziata, senza sede né supporti ufficiali. Oggi è un progetto da 800 milioni di dollari pronto a esplorare l’universo come mai prima.

Il telescopio Vera C. Rubin dell’NSF-DOE ha compiuto un passo fondamentale il 23 giugno 2025, quando ha rilasciato le sue prime immagini: l’inizio concreto del Legacy Survey of Space and Time (LSST), una campagna scientifica destinata a durare dieci anni, con l’obiettivo di mappare l’intero cielo australe grazie alla fotocamera digitale più grande mai costruita.

“In copertina un’immagine che combina 678 immagini separate scattate in poco più di sette ore di osservazione. Combinando molte immagini in questo modo, si rivelano chiaramente dettagli altrimenti deboli o invisibili…”

per vedere l’immagine integrale https://news.stanford.edu/__data/assets/image/0024/172743/lsst-2-resized.jpg

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Osservatorio Vera C. Rubin NSF-DOE

Il cammino che ha portato a questo traguardo nasce da una scommessa coraggiosa, fatta nel 2003 dalla Stanford University e SLAC National Accelerator Laboratory. In quell’anno fu fondato il Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology (KIPAC), il primo vero incubatore dell’LSST.

Stanford e il Kavli Institute, insieme allo SLAC, sono stati gli incubatori fondamentali durante il primo decennio del XXI secolo per trasformare il sogno in realtà”, ha dichiarato Persis Drell, ex direttrice dello SLAC ed ex rettrice di Stanford.

Due figure chiave, Roger Blandford e Steve Kahn, furono rispettivamente nominati direttore fondatore e vicedirettore del KIPAC. Entrambi capirono da subito il potenziale di un telescopio allora noto come Dark Matter Telescope, ideato dall’astronomo Roger Angel dell’Università dell’Arizona.

Sia io che Roger [Blandford] avevamo la stessa idea”, ha raccontato Steve Kahn, ora preside di scienze fisiche all’UC Berkeley. “Siamo arrivati a Stanford pensando che LSST fosse una direzione che valesse la pena intraprendere, e ho iniziato a parlare della possibilità che SLAC guidasse il progetto della telecamera prima ancora di iniziare ufficialmente”.

Il progetto prevedeva di fotografare tutto il cielo australe ogni poche notti, per dieci anni consecutivi, creando un time-lapse dell’universo senza precedenti.

Mi sembrava un modo molto diverso di fare [astrofisica]”, ha ricordato Blandford, oggi professore a Stanford e allo SLAC. “Sarebbe stato un motore di scoperta che avrebbe generato questo enorme set di dati che i ricercatori di tutti i settori avrebbero potuto utilizzare per scoprire nuovi fenomeni cosmici”.

Nel 2000, Kahn venne a conoscenza dell’idea dell’LSST mentre collaborava con l’Astronomy Decadal Survey. Ne intuì subito il potenziale, e insieme a Blandford e Tony Tyson (quest’ultimo ideatore originario del progetto) iniziò a promuoverlo tra scienziati e finanziatori.

Quando ho iniziato a parlare con i dirigenti dello SLAC, stavano pensando a progetti di astronomia a raggi gamma”, ha detto Kahn. “Ma ho visto LSST come il progetto perfetto per consolidare l’istituto”.

Allo SLAC non si erano mai costruiti strumenti astrofisici di tale scala, ma l’audacia (e forse un pizzico d’incoscienza) prevalse. Kahn chiese così a Jonathan Dorfan, allora direttore dello SLAC, di assumere la guida del progetto fotocamera.

Lo SLAC disponeva di uno staff tecnico e scientifico eccezionale, abituato ad affrontare problemi complessi”, ha affermato Kahn. “La fotocamera che abbiamo proposto era imponente e complessa, ma il suo design aveva più in comune con i rivelatori di particelle che con gli strumenti astronomici tradizionali. Questo ha giocato a favore dello SLAC”.

Il risultato fu un capolavoro ingegneristico: una fotocamera da 3,2 gigapixel, con un piano focale piatto entro quattro micron (meno di un decimo dello spessore di un foglio di carta).

Abbiamo raggiunto questo obiettivo”, ha affermato Aaron Roodman, responsabile del progetto fotocamera allo SLAC. “È piatta fino a quattro micron. E abbiamo dovuto farlo senza la possibilità di apportare modifiche. Ogni pezzo doveva essere fabbricato alla perfezione fin dall’inizio”.

Il campo visivo: il punto di forza più straordinario!

È la cosa davvero fondamentale”, ha spiegato Roodman, anche professore allo SLAC. “Ogni volta che puntiamo il telescopio in una nuova direzione, quanta porzione di cielo vediamo in una singola immagine?”

La risposta è impressionante: 3,5 gradi di diametro – sette volte la larghezza della luna piena – per ogni scatto. Una superficie 45 volte maggiore rispetto al disco lunare.

È un’entità enorme”, ha detto ancora Roodman. “Non esiste un grande telescopio che abbia qualcosa del genere”.

Per ottenere queste prestazioni, la fotocamera opera in un ambiente sotto vuoto con componenti elettronici digitalizzati direttamente all’interno.

La maggior parte degli strumenti limita i componenti elettrici installati all’interno di un contenitore sotto vuoto”, ha spiegato Roodman. “Noi invece [n.d.] Abbiamo posizionato la nostra elettronica nel vuoto per digitalizzare i dati direttamente alla fonte e ridurre al minimo il rumore, proprio come in un rivelatore di fisica delle particelle”.

Un punto di svolta importante avvenne nel 2008, quando Charles Simonyi e Bill Gates donarono 30 milioni di dollari per costruire gli specchi del telescopio, in un’unica colata di vetro: una tecnica mai provata prima.

Quel finanziamento privato è stato assolutamente fondamentale”, ha commentato Drell. “Ci ha permesso di affrontare il lungo processo di lavorazione degli specchi prima di ottenere l’approvazione dell’agenzia. Questo ha reso possibile tutto il resto”.

La collaborazione tra Stanford e SLAC è stata centrale anche grazie alla struttura del KIPAC, come ha sottolineato l’attuale direttrice Risa Wechsler: “Fin dall’inizio, la partnership tra Stanford e SLAC non è stata solo amministrativa. È sempre stata una profonda collaborazione intellettuale che ha contribuito a plasmare la visione e la roadmap tecnica del LSST”.

Lo SLAC aveva le competenze tecniche per realizzare un progetto di questa portata, e Stanford aveva la connessione intellettuale necessaria per riflettere su come avremmo sfruttato appieno i risultati”, ha affermato Kahn.

Nel 2010, l’LSST fu dichiarato la massima priorità per i telescopi terrestri dall’Astronomy Decadal Survey.

Sono stati i miei colleghi a concludere che fosse la priorità numero uno nel sondaggio”, ha ricordato Blandford. “Ho solo cercato di assicurarmi che il processo funzionasse”.

Nel 2013, Kahn divenne Direttore del Progetto LSST, guidando la fotocamera e il coordinamento con l’infrastruttura in costruzione in Cile e, nel tempo, il KIPAC ha formato una generazione di scienziati che oggi guidano le principali collaborazioni scientifiche di Rubin.

Ci sono persone che sono state studenti o dottorandi a Stanford che ora svolgono ruoli di primo piano nella messa in servizio e nella pianificazione scientifica”, ha detto Wechsler. “Quella è un’eredità davvero importante”.

Una delle cose a cui eravamo molto attenti quando abbiamo fondato il KIPAC”, ha aggiunto Kahn, “era la creazione di un istituto che formasse persone per il tipo di scienza su larga scala e ad alta intensità di dati che LSST avrebbe richiesto”.

Con il telescopio ormai operativo, l’emozione è grande.

Provo profonda soddisfazione”, ha detto Roodman. “Non abbiamo ancora finito, ma è incredibilmente gratificante vedere quanta strada abbiamo fatto e quanto bene stiano funzionando la telecamera e l’intero osservatorio. C’è grande entusiasmo per la scienza che verrà”.

E infine, un pensiero va a Vera Rubin, l’astronoma il cui importante lavoro contribuì a dimostrare l’esistenza della materia oscura.

Nel 2005 presiedevo un comitato per la NSF, e Vera era uno dei membri”, ha ricordato Blandford. “A un certo punto, le chiesi di assumersi la responsabilità delle parti del nostro rapporto che riguardavano la LSST. All’epoca non ne sapeva molto, ma ne divenne molto entusiasta”.

Mi piacerebbe pensare che approverebbe la sua evoluzione”, ha concluso Blandford. “E questa è una bella sensazione”.

by O. D. B.

Fonti:

https://news.stanford.edu/stories/2025/06/first-images-nsf-doe-vera-c-rubin-observatory-slac-lsst

https://news.stanford.edu/stories/2025/06/the-bold-bet-that-built-a-telescope

https://www6.slac.stanford.edu/news/2025-03-12-nsf-doe-vera-c-rubin-observatory-installs-lsst-camera-telescope

https://www6.slac.stanford.edu/news/2025-04-23-sharpening-our-cosmic-focus

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