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TRANSA – Caetano Veloso – 1972

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TRANSA – Caetano Veloso – 1972
(A Franco e Angelo)
Un colpo di vento metallico fece sbattere la tenda della veranda.
Indy, il segugio del Pres si svegliò di soprassalto tendendo le oriecchie e annusando l’aria del lago.
L’afoso, immobile e maleodorante grigio cielo si sarebbe tra poco arreso ai venti di tempesta provenienti dalle valli del nord e dalla Svizzera. Proprio in quel momento

Pres smise di suonare.
“Fanculo Pres perchè ti sei fermato?”
L’urlo di Geek tagliò in due la stanza.
Indy intuendo che la situazione sarebbe presto degenerata cerco’ rifugio sotto il letto del Pres.
“Sei un fottuto stronzo fratello.”
Geek prese un bicchiere colmo di Jack Deniel’s, e dopo averne bevuto velocemente il contenuto lo
lanciò verso il Pres che riuscì ad afferrarlo al volo prima che si schiantasse sul muro.
Potevo capire la reazione di Geek, forse al suo posto avrei fatto anch’io la stessa cosa.
In fondo avevamo solo bisogno di dimenticare, e di abbandonarci alle maree dell’inconscio.
Suonare assieme ci dava l’occasione per non pensare ai nostri problemi, a tutte le donne sbagliate, conosciute nei posti sbagliati al momento sbagliato, a tutte le volte che solo l’alcol ci aveva tolto la voglia di andarcene a cercare un po’ di pace dall’altra parte dell’oceano.
Ogni giorno rivolgevamo le nostre preghiere alla dea della musica affinchè la morte avesse due occhi brasiliani e piccoli seni ancora vergini da cui succhiare latte di cocco.
Il Pres guardò Geek dritto negli occhi sorridendogli beffardamente.
Conoscevo quel sorriso, voleva provocarlo, farlo incazzare ancora di più, portarlo fino al limite in cui la rabbia può solo prendere le forme di surreale comicità.
“Geek, sai che hai la stessa faccia di merda di Kutuzov prima della battaglia di Austerlitz.”
Il Pres iniziò a ridere aggrappandosi forte al suo fretless.
“La stessa faccia di uno che sa che tra poche ore potrebbe fare una brutta fine.”
Geek rimase in silenzio per qualche istante pensando alla migliore risposta da dare al Pres:
“Io avrò pure la faccia di Kutuzov, ma tu con quella cazzo di barba sembri un buco del culo che ride, vedi di tagliartela domani.”
Poi si mise a ridere anche lui, riempendo i bicchieri con un nuovo giro di whisky.
La session per quella sera si poteva dire conclusa.
Avevamo registrato un paio d’ore di improvvisazioni con almeno due o tre idee da sviluppare e trasformare in pezzi finiti.
Ora volevo solo ascoltare un po di musica e addormentarmi lentamente sul divano, aspettando il temporale ed il vento fresco che avrebbe dato tregua per una notte alla calura estiva.
Misi sul piatto Transa di Caetano Veloso. Mettevamo quel disco quando avevamo bisogno di
andare oltre le nostre noiose vite, e ritrovare le nostre radici più selvagge.
Cercavamo lo sciamano che sarebbe riuscito a trasformare il lago in oceano e le sue sponde in continenti, liberandoci finalmente da quella prigione creata da un dio bizzoso e vendicativo al momento della nostra nascita.

Sistemai bene la puntina sul disco. La musica dolce e malinconica incominciò a diffondersi nella stanza.
“You don’t know me…Show me from behind the wall”
“Bravo fratellino” Disse Geek era proprio quello che ci voleva.
Il Pres annuì e disse: “Mi è venuta voglia di Brasile. Prendiamo la Solaris e andiamo al Birimbao. Stasera suona Pepe.”
“Walk down Portobello road to the sound of raggae, I’m alive, I’m alive.”
La traccia sul disco ripeteva insistentemente
“I’m alive, I’m alive”
Scendemmo verso il piccolo porticciolo dove il Pres teneva ormeggiata la “Solaris”, una vecchia otto metri da regata che aveva rimesso a nuovo nel corso dell’inverno.
Era ormai buio, sul piccolo molo incontrammo solamente un paio di vecchi pescatori che stavano ultimando le operazioni di attracco delle loro barche:
“Siete pazzi a uscire”
ci dissero:
“C’è vento di tempesta, e verso Menaggio e’ già incominciata la buriana.”
Guardai in quella direzione. Effettivamente si vedevano i primi lampi illuminare le nere nubi di pioggia.
Il Pres e Geek risposero di non preoccuparsi, che saremmo arrivati a Bellagio prima dell’arrivo del
grosso della tempesta.
Ci guardarono con un misto di disgusto e rassegnazione. Forse avevano capito che eravamo
completamente sbronzi.
Eravamo talmente ubriachi che non avevamo neppure controllato se nel motore della barca c’era abbastanza nafta per riuscire a manovrare in porto.
Geek caricò delle bottiglie di traminer, mentre il Pres prese sottocoperta una vecchia bottiglia di cognac, che ci passò per scaldarci lo stomaco.
Stava incominciando a piovere.
Una volta usciti dal porto aprimmo una bottiglia di vino. Il suo sapore fruttato mi portava sempre più lontano calmandomi. Ad ogni sorso le preoccupazioni sparivano per far posto a sogni esotici.
“Triste, oh, quao dessemelhante, triste
Pastinha jà foi a Africa
Pastinha jà foi a Africa
Pra mostrar capoeira do Brasil
Eu jà vivo tao cansado
De viver aqui na terra.”
I due vecchi pescatori avevano ragione.
Una volta arrivati in centro lago fummo investiti da forti raffiche di vento traverso. La pioggia
cadeva obliqua sulla faccia, era fredda ma ci faceva sentire piacevolmente vivi.

Per evitare che il vento strappasse il genoa e la randa, Geek e il Pres issarono le vele da tempesta,
mentre io cercavo di tenere la barra della Solaris più ferma possibile per prendere le onde del lago con un angolo di 45°, e allo stesso tempo tenere le luci di Bellagio in vista alla mia sinistra.
Un’onda più forte delle altre ci diede quasi la sensazione di decollare. Per evitare di finire in acqua
ci aggrappammo a qualsiasi sartia che riuscivamo a trovare.
“Sei proprio un comasco di merda” Gridò Geek in direzione del Pres che rispose:
“Voi lecchesi siete proprio marinai del cazzo, bastano due onde per farvi cagare sotto. Meglio se
tornate a fare i contadini.”
Il Pres prese la bottiglia di cognac ne bevve un sorso e ce la passò.
Mentre mandavo giù il liquore sentivo la gola bruciare. Realizzai che eravamo sopra uno dei punti
più profondi del lago…centinaia di metri d’acqua stavano sotto quella fragile chiglia. Se ci fossimo
ribaltati e finiti in acqua non ci avrebbero più trovati.
“You’ll only see that you can’t see very far
God spoke to me And my eyes swept the horizon Away
Quem tem vovò, pelanca so
Quem tem vovò, pelanca”

Dopo un’ora di lotta furiosa con gli elementi riuscimmo a superare la tempesta.
Ormai potevamo vedere chiaramente le luci del porticciolo di Bellagio.
L’adrenalina ci faceva sentire vivi come non mai.
Avevamo voglia di toccare terra, correre sulle spiagge chiare dell’Oceano, prendere giovani
indigene e amarle senza che ci fosse un domani.
Il Brasile era davanti a noi, dovevamo solo attendere l’alba al termine della notte per vederlo in tutto
il suo splendore.
Approfittando delle acque più calme il Pres si sedette da solo a prua della Solaris e iniziò a scrivere
qualcosa su un foglio.
Una volta finito di scrivere mise il foglio nella bottiglia di cognac, la tappò e la gettò nel lago dal
lato di dritta della barca.
Chissà se con quel gesto il Pres avesse voluto nascondere nel lago le ragioni di quell’improvviso
addio, che ci avrebbe tra poco separati.
Nel frattempo Geek accese il motore per entrare in porto. Fortunatamente la candela non si era bagnata troppo, e dopo un paio di tentativi il pistone iniziò a funzionare.
Una volta giunti sotto le luci del molo notammo che durante la traversata la Solaris aveva imbarcato parecchia acqua nella sentina.
“Eu vou lhe dar a decisão
Botei na balança, você não pesou
Botei na peneira e você não passou
Mora na filosofia
Pra que rimar amor e dor?
Mora na filosofia
Pra que rimar amor e dor?
Se seu corpo ficasse marcado
Por lábios ou mãos carinhosas

Eu saberia, ora, vai mulher

A quantos você pertencia”
Ormeggiammo la Solaris a un palo di legno, e ci dirigemmo verso il Birimbao. Camminare sulla terraferma dopo una traversata così movimentata dà sempre una sensazione strana di mancanza di gravità. Arrivammo al Birimbao verso le undici, eravamo bagnati fino alle ossa e i nostri vestiti gocciolavano senza sosta.
Pepe appena ci vide comparire in quelle condizioni smise di suonare la sua fedele tromba e si mise a ridere.
“Bhe fratello che c’è da ridere” gli gridò Geek “Non si è mai visto il lago asciutto.”
Ci sedemmo a un tavolo e ordinammo l’ultima bottiglia di Pernod che era rimasta in tutta Bellagio. Dopo il primo sorso sopraffatti dalla stanchezza ci addormentammo con la testa sul tavolo sognando terre lontane, che non saremmo mai riusciti a vedere assieme.

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