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Dove regna il silenzio – riflessioni in Amazzonia

Dove regna il Silenzio – Riflessioni in Amazzonia.

“Lascia che il silenzio ti conduca all’essenza della vita” 
Jalāl al-Dīn Rūmī
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‘Stai zitta. Fai silenzio.’ 

Da bimba erano richieste frequenti, che mi mettevano fortemente a disagio . Mi pressavano e bloccavano, portandomi a sentirmi inadeguata. Nonostante il dolore procurato da quelle richieste, o grazie ad esso, ho imparato a stare zitta. Una fortezza inespugnabile, se servisse.

Successivamente, da adulta, ho dovuto re imparare l’alfabeto della comunicazione. Scoprire come rompere il silenzio, intendere come riempirlo, di richieste, idee e chiarimenti. 

Il silenzio dove era attesa conversazione diventava infatti un giudice, scomodo, ansiogeno, temuto, e rumorosissimo. Dimostrazione di una insufficienza nella relazione, e in me. 

Oggi il silenzio è un’atto, che mi aiuta a interrompere le risposte di default, e invece mi permette di sedermi un attimo, per essere più presente, ascoltare meglio, assorbire il contesto, riflettere su come agire in modo da essere più allineata a chi voglio essere. 

Ed e’ anche qualcosa di più…

Al quarto mese del mio viaggio sabbatico, al rientro dalla quinta escursione fluviale nella riserva naturale Manu, immersa nella foresta pluviale amazzonica peruviana, e cullata dal rombo della barca che solca le acque dell’omonimo fiume,  mi ritrovo a stilare una classifica: quali le esperienze di questo viaggio che finora mi hanno toccato di più? 

Trovo nelle posizioni più basse le esperienze culturali e cittadine, sebbene gradevoli, interessanti e divertenti.  E in quelle più alte le immersioni in scenari naturali quasi o totalmente vergini da installazioni umane.

Non è’ solo la magnificenza della natura a far guadagnare loro punti. Mi accorgo che ad accomunare le Top 5 c’è’ un ospite d’eccezione: il silenzio. Ma quello totale. Profondo. Intenso. I suoni del vento, delle ali di uccelli in movimento, dello scorrere e gorgheggiare dell’acqua o il cantare che viene dai rami, lo scrocchiare delle foglie sotto i piedi, contano nel mio mondo auditivo come silenzio. 

Un silenzio che riempie, eleva, espande, rilassa. Acuisce la percezione. 

Una presenza potente in realtà’. Ma ad essere sovrastati e scacciati sono i treni di pensieri, quella ricerca incessante di significati, ragioni, confronti, traguardi che aggiunge rumore interno a quello prodotto dal mondo in cui viviamo. 

Un silenzio non più scomodo, ma amico, che impatta sul sistema nervoso e a quanto pare sul cervello. Secondo uno studio condotto in Germania dal Research Center for Regenerative Therapies Dresden pochi anni fa, ci sono processi cerebrali che si possono portare a termine solo in silenzio. Tra cui forse la rigenerazione neuronale, almeno nei topi e nella regione dell’ippocampo che regola emozioni, memoria e apprendimento!

Un silenzio quello incontrato, che connette con una dimensione più’ profonda di noi.  E nutre l’anima.

In questi momenti ho sentito la forza della vita attorno a me – foreste, vette, fiumi, laghi, oceani, giungle, sentieri, vulcani scevri di suoni innaturali e di parole- essere me,  in me e al di là di me, forte, persistente e chiara come mai.  

E tutto il resto restare sullo sfondo, silenziosamente.  Un vuoto così pieno.

Il silenzio, ci può portare a sentire la vita che ci attraversa  poderosamente, a pensare a noi stessi, a depurare le emozioni e riaffermare la nostra più vera identità.

Il silenzio ci mette in comunicazione profonda, prima con noi, poi, se vogliamo, e come preferiamo, con l’altro.

E quindi, non ‘facciamo silenzio’, lasciamo che il silenzio faccia, per noi.

——

(English  version)

Where Silence Reigns- reflections in the Amazon 

“Let silence take you to the core of life.” 

Rumi

‘Shut up. Be quiet.’

As a child these were frequent requests, and they made me very uncomfortable. They pressed and blocked me, leading to a feeling of inadequacy. Despite the pain that they produced, or because of it, I learned to keep quiet. To be an impregnable fortress, if needed.

Later, as an adult, I had to relearn the alphabet of communication. Find out how to break the silence, understand how to fill it with requests, ideas and clarifications.

The silence where conversation was instead expected had become a judge, uncomfortable, feared, and very noisy. A demonstration of the insufficiency in the relationship at stance, and in me.

Today, silence is an act, which helps me to interrupt the default responses, and instead allows me to sit down for a moment, to be more present, listen better, absorb the context, reflect on how to act in order to be more aligned with who i want to be.

And it is also something more…

In the fourth month of my sabbatical journey, returning from the fifth excursion in the Manu natural reserve, immersed in the Peruvian Amazonian rainforest, and cradled by the roar of the boat that plows through the waters of the homonymous river, I find myself filling up a ranking: what are the experiences of this trip that have touched me the most so far? I find the cultural and city experiences in the lower positions, although pleasant, interesting and fun. And in the highest ones, the immersions in natural scenarios almost or totally virgin from any human installation.

It’s not just the magnificence of nature that earns them points. I realize that the Top 5 have in common a special guest: the silence. But the total one. Deep. Intense. The sounds of the wind, of birds’ wings in motion, of the flowing and warbling of water, of the singing that comes from the branches, and of the crunch of leaves underfoot, count in my hearing world as silence.

A silence that fills, elevates, expands and relaxes.

A powerful presence indeed. And what is chased away are the trains of thoughts, that incessant search for meanings, reasons, comparisons and targets that add internal noise to that produced by the world where we live.

A silence no longer uncomfortable, but a friend, which affects the nervous system and apparently the brain. According to a study conducted in Germany by the Research Center for Regenerative Therapies Dresden a few years ago, there are brain processes that can only be completed in silence. Perhaps including neuronal regeneration, at least in mice and in the hippocampus region that regulates emotion, memory and learning!

A silence that connects with a deeper dimension of us. And it feeds the soul.

In these moments I felt the force of life around me – forests, peaks, rivers, lakes, oceans, jungles, trails, volcanoes free of unnatural sounds and words – being me, in me and beyond me, strong, persistent and clear as ever.

And all the rest  in the background, silently.

Such a full void.

Silence can lead us to feel life flowing through us powerfully, to think about ourselves, to purify our emotions and reaffirm our truest identity.

Silence puts us in deep communication, first with ourselves, then, if we want, and as we prefer, with the other.

And therefore, no ‘shut up and be silent’, but let silence show over us.

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