"Divieni quello che sei" F.Nietzsche
Siamo fatti per incastonare tutte le nostre esperienze come pietre nel nastro del tempo che scorre.
Tutti i nostri ricordi si formano nell’ippocampo, che ha questa prodigiosa proprietà. Tessere l’ordine spazio-temporale delle nostre esperienze, delle nostre percezioni, della nostra intera esistenza, che diventa un continuo susseguirsi di momenti e eventi, uno dopo l’altro. E siamo pervasi dal tempo che scorre in sequenza. Stiamo sempre a pensare a cose accadute, viste, fatte, dette o stiamo a fantasticare su cosa faremo più tardi, cosa diremo a tizio, a fine serata, nel weekend, dove andremo le prossime vacanze.
Ci sfugge l’attimo.
Ma insomma…Non è mica colpa nostra se il nostro ippocampo funziona così. Però il cervello è vasto, non si ferma ad un unico pianeta, è un universo intero.
Ad ogni modo, quello che sperimentiamo, è che il momento presente ci scivola tra le dita. Da qui l’ormai noto a tutti “Stai nel qui ed ora”.
Allora potrei continuare a dissertare sull’imparare a stare nel qui ed ora e su tutti i benefici che questo comporta ma mi accoderei ai centinaia di manuali di autoaiuto e di crescita personale che impestano le librerie e che hanno fatto dell’essere nel qui ed ora un altro business.
Quindi per amore della complessità e riconoscendo che viviamo in un mondo duale governato da forze opposte, ribalterei il discorso a180 gradi. E i progetti? E gli obiettivi? I valori? La direzione che mi dà il pensare a chi voglio essere nel mondo?
C’è qualcosa su cui costruire la propria esistenza, la propria identità o viviamo un po’ così, con quello che viene, con quello che capita, con quello che c’è da fare, in balia degli impegni, degli eventi, delle pulsioni, e magari pure scambiando questo e l’assenza di un orizzonte verso cui tendere, con lo stare nel qui ed ora?
Quindi ci sfugge l’attimo presente e paradossalmente la difficoltà nel darci una direzione, nell’avere un progetto di vita ci fa stare in un presente che ci imprigiona e che ha come orizzonte solo se stesso. Un presente allucinatorio, che ci assorbe, che si impone nella nostra visione, che ci costringe a vagare, ad intrattenerci per passare il tempo, a tirare avanti, ad essere un criceto sulla ruota. Che lavora, fa cose, è attivo, ma non si sposta. Non c’è una direzione di movimento. Tanto rumore…per nulla.
È che nella nostra mente limitata lo stare nel qui ed ora e l’agire coltivando una direzione, sembrano due cose opposte. In realtà oserei dire che sono la stessa cosa o quantomeno che si nutrono l’una dall’altra.
Quindi per tornare all’esortazione di Nietzsche. Forse in questa frase c’è il segreto. Fare lo sforzo di tenere una parte della mente concentrata nell’osservare quello che sento, vedo, percepisco intorno a me e contemporaneamente nell’osservare i pensieri che mi attraversano la testa, le sensazioni fisiche che provo, le emozioni spontanee che affiorano. E contemporaneamente ricordarmi che io sono. Io sono. Esisto solo in questo preciso momento.
Tutto il resto sono proiezioni mentali, film, del mio cervello che ricostruisce passato e futuro e mi fa vivere in uno stato allucinatorio perché li penso oggettivi, solidi, veri, e che ci risucchiano, ci annebbiano, ci rubano l’orizzonte progettuale. L’esortazione di Nietzsche non è verso uno stato contemplativo, voliamo bassi, non siamo dei Buddha. È un invito ad agire. Agire nel mondo, con la direzione di chi vuoi essere, per diventare ciò che sei.