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Il tiranno e il clown – seconda parte

L’Übermensch piccolo borghese.

Nel romanzo emerge, invece, una sorta di superuomo piccolo borghese (con buona pace dell’ assolutamente estraneo, povero Nietzsche), impiegato statale ligio alle forme convenzionali ed alle regole del suo ruolo nella Germania del Secondo Reich guglielmino, ma in realtà del tutto, anche dichiaratamente ad un certo punto, amorale, guidato solo da risentimento, desiderio di vendetta e di potere, rabbia e da un senso di superiorità non privo di atteggiamenti da “esteta”.

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Nel romanzo breve di Mann, Unrat, ha mostrato particolare piacere nel perseguire, con la complicità della sempre più subornata Rosa Fröhlich, le sue vendette e le sue rivalse, con particolare acribia contro chi si rifiuta di adeguarsi al disprezzo, che lui ricambia vivamente, nei suoi confronti – e non pronuncia mai, proprio per questo, il nomignolo (Unrat, cioè “spazzatura” ) attribuitogli dai suoi concittadini. Sfuggendo, così, al gioco di Unrat. Qui, la sua impotenza scatena in lui una frenesia di rivalsa, oltre ogni pretesa di autorità sociale e di principio etico o morale, come sola fonte di soddisfazione e di appagamento. Unrat penetra nella società come forza corruttrice incontenibile, che seduce nel suo gioco anche cittadini insospettabili. Ma ancora, alla fine, Unrat viene contenuto da un contraccolpo che ristabilisce, almeno all’apparenza, l’ “ordine” anche nella sua dimensione legale.

Dalla “caduta del tiranno” alla tragica caduta, isolata di Unrat nel film di Sternberg, dunque. Dal 1905 al 1930 anche Unrat è, infatti, profondamente cambiato, la sua inettitudine nel vivere, è, però, questa volta, segna il distacco dalla ambigua natura übermenschlich, superomista, del precedemte personaggio.

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Il primo Unrat è solo un preludio, una volontà di potenza scatenata ma mediocre e vile, alla fine (apparentemente) sconfitta, anche se pericolosa e pervasiva. Generatrice di un’irrefrenabile risentimento e di manie di persecuzione, disponibile a qualunque infausto utilizzo. Preludio di qualcosa di, storicamente, catastrofico e, forse, un preludio che può ancora riguardarci…. Ma approfondire qui la cosa porterebbe molto oltre le possibilità di questo testo.

Il secondo Unrat, con l’espressione più bonaria e onesta del grande attore Emil Jannings, come si è già anticipato, non crede , invece, di giocare un ruolo corrosivo dentro un ordine ancora consolidato. Non coniuga la sua rigidità ed il suo spirito repressivo con una carica socialmente erodente ed eversiva. Subisce, anzi, una metamorfosi, che, però, si rivelerà impossibile. Forse rappresenta un postludio, qualcosa di postumo. Scopre la propria volontà di vita, ma scopre anche come, in un mondo, una società, ancor più divisi, segnati da fratture insuperabili e permanentemente amorale, questa abbia un proprio, unico destino: la sua impossibilità.

Unrat è incapace, invero, di adattarsi al nuovo ambiente, in cui bisogna sapersi “arrangiare” per sopravvivere e in cui non può ottenere, una volta letteralmente finiti i soldi, nessun riconoscimento. Diviene anzi oggetto di scherno e di scandalo dell’intera comunità cittadina che Unrat stesso era uso guardare dall’alto della sua qualità morale di professore di Gymnasium. Il povero professore vive questa sua inutilità come un destino, un degrado continuo di se stesso fino al ludibrio finale, fino all’annichilimento finale. Considererà colpevole Lola, anche per il suo tradimento. Tenta, forse, senza successo comunque, di ucciderla, non sapendo far fronte alla propria debolezza ed alla propria totale sconfitta, in cui vuole coinvolgerla. Per poi attaccarsi disperatamente ad un mondo ed ad un ricordo di sé, che, non solo per lui, non esisteva più. Un postludio, dunque. Ci riguarda anche questo? Siamo oggi al “postludio” di una società e di una nostra epoca ?

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Conclusione?

Il film di von Sternberg non manca, però, di momenti brillanti, ironici ed addirittura comici. Lo stesso Sternberg, che aveva scritturato il più importante attore tedesco del momento, aveva, però, voluto assolutamente Marlene Dietrich nei panni della protagonista femminile, scelta che contribuì in grande misura al successo del film. Heinrich Mann, contrario a questa scelta, dopo aver visto con Jannings alcune della scene già girate , così si espresse: “Signor Jannings, il successo di questo film sarà determinato in primo luogo dalle cosce nude della signora Dietrich”.

“Ich bin von Kopf bis Fuß auf Liebe eingestellt (Dalla testa ai piedi sono fatta per l’amore)…”canta libera e padrona di sé, Lola Lola-Dietrich, con ironia e sensualità, del tutto oltre rispetto a commenti simili. Per inciso: fu la prima diva ad assicurare le propria gambe per una notevole cifra.

by OldTimer

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