

Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.
Luigi Pirandello
Com’è straordinariamente complesso e sfaccettato il proprio stato psichico di fronte ad una manipolazione subita. Si è talmente sbigottiti da un senso di “ma non può essere” che non ci si rende conto subito di essere la vittima di un manipolatore e di essere caduti in una tela di ragno intessuta pazientemente e soprattutto, scientemente.
Mica per ingenuità.
E nemmeno per la pazzesca finezza e la machiavellica arguzia del manipolatore di turno. Questi geni psicopatici stanno nelle serie televisive.. nella realtà non sono mica così arguti.
No, è banalmente perché non te lo aspetti.
Questo è uno di quei casi in cui si comprende in maniera lampante, quanto le nostre aspettative, costruite in base alle esperienze del passato, ci servano per interpretare la realtà. Le mie aspettative sono di trovare persone ragionevoli, che hanno una mente simile alla mia, con tutte le differenze individuali ovviamente, non è che siamo dei replicanti. Ma con un fondo di umanità comune, con analoghe categorie di cosa è bene e cosa è male, di cosa è etico, morale. Soprattutto se il manipolatore è un uomo non proprio di primo pelo, colto, amico del proprio compagno, amico di amici comuni, persona tranquilla e garbata più simile ad un lord inglese che ad un don Giovanni, con cui si sono condivise cene, gite, ragionamenti, profonde riflessioni, con cui ti sei aperta, raccontato cose personali, condiviso ansie, preoccupazioni, bisogni. E se non sono esattamente queste, ci saranno altre validissime ragioni per dare una piena, incondizionata fiducia ad una persona.
Quando poi, finalmente, cade la maschera, dell’ amico, del partner, del parente, del capo, del maestro o di chicchessia e compare il vero volto del manipolatore, si è sbigottiti e increduli nel vedere quanto può essere infida la natura umana. Ed è una presa di coscienza paurosa. Poi viene il dolore. Poi viene la rabbia. Poi il senso di colpa per qualcosa che potrei avere fatto di sbagliato o ambiguo, poi il disgusto. Poi di nuovo l’incredulità, e poi il pensiero ossessivo che pensa e ripensa le stesse cose mille volte per focalizzare ulteriori sconcertanti particolari. Poi tutte queste sensazioni che si rimescolano insieme.
Poi però, dopo che la melma si rideposita sul fondo, succedono anche tante cose belle. Una volta che si riesce a scrollarsi di dosso questa oscurità che ci aveva avvolto, si percepisce quanta luce in realtà ci sia dentro di sé; quando si percepisce che qualcosa o qualcuno ci stava facendo, piano piano, sottilmente, terra bruciata intorno, ci si accorge di quante cose belle e preziose ci siano nella propria vita e che avevamo dato per scontate. Ci si accorge anche delle proprie fragilità, delle proprie criticità. Perché il manipolatore, come un avvoltoio, a qualcosa si aggrappa. E sentire di avergli fornito un appiglio è molto doloroso, ma molto trasformativo. Non perché si sia fatto qualcosa di neanche lontanamente sbagliato. Ma perché in un lampo si capisce pienamente, quanto quell’appiglio sia un problema da affrontare e che adesso non potremo mai più ignorare. Non per essere perfetti, e invulnerabili, corazzati , pronti ad affrontare qualsiasi insidia, ma per essere persone consapevoli delle proprie vulnerabilità, persone che sanno che dentro di sé ci sono luci e ombre. Siamo sempre pronti a celebrare le nostre luci, invece le ombre sono scomode, ci parlano di ferite, celano tante emozioni aggrovigliate, intense e prevalentemente spiacevoli, ci ricordano quanto siamo imperfetti o poco nobili o vulnerabili e non ci piace guardarle.
Questa è una di quelle situazioni in cui la propria ombra ne chiama un’ altra, e piano piano queste oscurano anche il resto. Ma se ne prendo coscienza, allora quella situazione potrebbe diventare un’occasione trasformativa.
Se individuo a quali appigli l’avvoltoio si è aggrappato, comprendo quali vulnerabilità hanno fatto da gancio. Allora la trasformazione. Perché possiamo mettere in custodia le nostre fragilità e allo stesso tempo custodire. E diventare custodi delle proprie fragilità è un passo verso la padronanza di sé.
by Serena Nardi