C’era una volta un telescopio lontano lontano…a un milione e mezzo di chilometri da noi che, pur lontano, continuava a “crescere”.
Non era facile resistere all’introduzione fiabesca…spero mi perdonerete.
Ma il James Webb Space Telescope (JWST), l’erede spirituale di Hubble e oggi il più potente strumento mai costruito per scrutare l’universo, sta dimostrando capacità di resilienza davvero incredibili.
Eppure, nonostante il suo sguardo impeccabile, anche il Webb ha avuto un piccolo difetto di messa a fuoco. Una sfocatura quasi impercettibile, ma che in passato avrebbe richiesto una costosissima missione nello spazio con un equipaggio esperto per la riparazione, ma stavolta, invece, è bastato un software basato sull’intelligenza artificiale.
Tale Padre, Tale Figlio…ma il Figlio si “ripara” da solo.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Sydney ha infatti sviluppato un’innovativa soluzione digitale capace di correggere la sfocatura nelle immagini del Webb, restituendo la piena precisione a uno dei suoi strumenti più raffinati: l’Aperture Masking Interferometer (AMI).
Questo componente, ideato dal prof. Peter Tuthill della Facoltà di Fisica dell’università e del Sydney Institute for Astronomy, consente di combinare la luce proveniente da diverse sezioni dello specchio principale del telescopio, creando immagini ad altissima risoluzione di stelle ed esopianeti.
Durante le operazioni preliminari di utilizzo del JWST, gli scienziati hanno notato che l’AMI era leggermente compromesso da distorsioni elettroniche nel suo rilevatore a infrarossi. Nulla di grave, ma sufficiente a rendere le immagini decisamente meno nitide. In passato, un problema simile aveva afflitto il telescopio Hubble, che dovette essere riparato fisicamente in orbita dagli astronauti della NASA.
Gli studenti di dottorato Louis Desdoigts e Max Charles, insieme a Tuthill e al professore associato Ben Pope (Macquarie University), hanno sviluppato una tecnica di calibrazione completamente software: AMIGO (Aperture Masking Interferometry Generative Observations), pubblicata la prima volta sul sito della Cornell University il 10 ottobre scorso.
Attraverso simulazioni e reti neurali, AMIGO riproduce fedelmente il comportamento ottico ed elettronico del telescopio, identificando e correggendo digitalmente un fenomeno chiamato brighter-fatter effect (una leggera diffusione della carica elettrica tra pixel adiacenti).
“Invece di mandare gli astronauti a installare nuovi componenti, sono riusciti a risolvere i problemi tramite codice”, ha affermato Peter Tuthill. “È un brillante esempio di come l’innovazione australiana possa avere un impatto globale sulla scienza spaziale”.
Il risultato? Immagini dirette, di oggetti celesti deboli, con un dettaglio mai osservato prima: tra queste, quelle di un esopianeta e di una nana bruna in orbita attorno alla stella HD 206893, a circa 133 anni luce dalla Terra.
Dalla Nitidezza alla Scoperta…dei Mattoni della Vita nel Ghiaccio Stellare.
Grazie anche a questi decisivi interventi da remoto, il Webb ha potuto esaminare, con una precisione senza precedenti, una regione remota della Grande Nube di Magellano.
Lì, in una galassia nana a circa 160.000 anni luce dalla Terra, il JWST ha rivelato qualcosa che somiglia molto a un indizio sulle origini della vita: cinque grandi composti a base di carbonio attorno a una stella in formazione, denominata ST6.
La scoperta, pubblicata il 20 ottobre scorso su Astrophysical Journal Letters, è stata guidata da Marta Sewilo, astronoma dell’Università del Maryland e del NASA Goddard Space Flight Center.
“Ciò che apprendiamo nella Grande Nube di Magellano, possiamo applicarlo alla comprensione di galassie più distanti, risalenti a un periodo in cui l’universo era molto più giovane”, ha spiegato Sewilo. “Le condizioni difficili ci dicono di più su come la chimica organica complessa possa verificarsi in ambienti primitivi, dove sono disponibili per le reazioni chimiche molti meno elementi pesanti come carbonio, azoto e ossigeno”.
Cinque Molecole per una Scoperta Unica.
Tra le sofisticate attrezzature che equipaggiano il telescopio vi è il MIRI (Mid-Infrared Instrument): un dispositivo che riesce a scrutare l’universo nella gamma del medio infrarosso dello spettro elettromagnetico. Grazie a questa sorta di fotocamera combinata ad uno spettrografo, Sewilo e il suo team hanno identificato nel ghiaccio che circonda la protostella ST6 cinque molecole organiche complesse (COM): metanolo, acetaldeide, etanolo, formiato di metile e acido acetico. Quest’ultimo, principale componente dell’aceto, non era mai stato osservato prima nel ghiaccio spaziale.
“Prima di Webb, il metanolo era stata l’unica molecola organica complessa rilevata in modo definitivo nel ghiaccio attorno alle protostelle, persino nella nostra galassia”, ha spiegato ancora Sewilo.
L’elevata sensibilità e risoluzione del telescopio hanno permesso di identificare queste firme chimiche con un’affidabilità mai raggiunta. Secondo gli autori dello studio, il rilevamento di molecole così complesse in un ambiente povero di elementi pesanti suggerisce che i mattoni della vita potrebbero essersi formati molto prima e in condizioni molto più estreme di quanto ritenuto finora.
Scandagliare la Chimica della Vita in un Laboratorio Cosmico.
La Grande Nube di Magellano rappresenta un ambiente ideale per studiare i processi di formazione stellare in condizioni analoghe a quelle dell’universo primordiale.
Come ha sottolineato Sewilo, la galassia “è un laboratorio naturale dove possiamo osservare come la chimica complessa emerga in un contesto a bassa metallicità”.
La scoperta, infatti, sfida l’idea dominante che la vita (o meglio, i suoi ingredienti base) richieda ambienti “ricchi” di elementi pesanti.
Il professor Will Rocha, dell’Università di Leida nei Paesi Bassi, coautore dello studio, ha aggiunto:
“La nostra rilevazione di COM nei ghiacci supporta i risultati che mostrano come queste molecole possano formarsi anche in un ambiente molto più ostile rispetto al vicinato solare”.
Secondo Rocha, queste molecole di carbonio possono formarsi sia nella fase gassosa che negli strati ghiacciati che ricoprono i grani di polvere interstellare, per poi essere rilasciate nel gas.
In altre parole, anche dove le condizioni sembrano proibitive, la chimica legata ai composti organici non smette di lavorare.
Alle Origini della Complessità…e Oltre.
L’ipotesi che molecole complesse come etanolo o acido acetico possano formarsi così lontano, in un ambiente povero di “materia prima”, spinge gli astrofisici a rivedere i modelli sull’origine della vita: se la chimica organica complessa può emergere in una galassia come la Grande Nube di Magellano, allora potrebbe essere una costante dell’universo e non un’eccezione.
Sewilo e i suoi colleghi ora intendono ampliare la ricerca, osservando altre protostelle nella Grande e nella Piccola Nube di Magellano per determinare quanto siano diffuse queste molecole.
“Attualmente abbiamo solo una sorgente nella Grande Nube di Magellano e quattro nella Via Lattea. Abbiamo bisogno di campioni più ampi per confermare le differenze nell’abbondanza di COM tra queste due galassie”, ha dichiarato Sewilo. “Con questa scoperta abbiamo però compiuto un passo decisivo nella comprensione di come la chimica complessa emerga nell’universo”.
Uno Sguardo più Nitido, una Domanda più Grande.
Da un lato un algoritmo gestito da una sofisticata intelligenza artificiale ha “ridato la vista” al telescopio più potente mai concepito da mente umana.
Dall’altro, una scienziata che, grazie a quello stesso telescopio, individua nel ghiaccio cosmico molecole che un giorno, in qualche angolo dell’universo, potrebbero aver acceso la scintilla della vita per come la conosciamo.
In questa storia fatta di sguardi digitali e curiosità squisitamente umana, il JWST continua a insegnarci che ogni volta che lo spazio ci appare meno oscuro, il nostro posto al suo interno, in realtà, si fa più misterioso.
Forse, come spesso accade nella scienza, la vera scoperta non è in ciò che vediamo, ma in ciò che cominciamo a intuire.
Felice notte Venerabili.
by O. D. B.
Fonti:
https://iopscience.iop.org/article/10.3847/2041-8213/ae0ccd



