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L’incognita della disabilità invisibile nella società

GIOVANNI_GIULIANO italo red italo
Questo articolo fa parte della rubrica Barriere Mentali: riflessioni su preconcetti, luoghi comuni e stereotipi che avvolgono e oscurano il libero pensiero, generando una rappresentazione distorta della realtà. Questi condizionamenti si ripercuotono su ogni aspetto della vita quotidiana, dalla sfera personale a quella professionale, estendendosi anche al mondo digitale, e contribuiscono a rafforzare credenze infondate. 

Albert Einstein diceva:“È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”. Il caro Albert ci ha lasciato senza sapere che l’atomo, che lui riteneva inscindibile, è stato spezzato, ma i pregiudizi rimangono intatti.

Ma anche...

“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”.

Nella visione comune, quando si pronuncia il termine “disabilità”, tornano alla mente immagini stereotipate come: i posti riservati e le strisce gialle, il simbolo blu ben evidente verniciato sull’asfalto, le barriere architettoniche, la carrozzina o i percorsi tattili e i semafori per i non vedenti. Immagini sociali della disabilità frutto di un percorso di riconoscimento dei bisogni di chi ha conquistato con fatica diritti legittimi e sacrosanti.

Accanto alle disabilità evidenti, verso le quali proviamo rispetto e attenzione, esistono altre forme di disabilità che facciamo fatica a riconoscere o accettare, oppure che non percepiamo e che forse ignoriamo perché non le riusciamo a classificare: sono queste le disabilità definite “invisibili”, ovvero non particolarmente evidenti. Sono quelle vissute da persone che possono interagire con gli altri senza  che  questi siano in grado percepire la disabilità dell’individuo che hanno dinanzi. Invisibilità dunque, che in certi casi significa ignorare il problema o non riuscire a guardare oltre se stessi e dunque, una parte di noi tende a non vedere ciò che ha di fronte, tende a non riconoscere e a negare la disabilità latente oppure, In certi casi, chi la vive sulla propria pelle, tende a negarla a se stesso perché vuole sentirsi uguale agli altri e accettato, in questi casi si parla di anosognosia.

Le disabilità invisibili sono molteplici e vanno da alcune tipologie di Disturbi fisici e psichici, di percezione visiva o uditiva lieve, agli esiti derivanti da alcune patologie con forme invalidanti (sclerosi multipla, diabete, emofilia, epilessia) fino ai disturbi del comportamento, cognitivi o neuroevolutivi.

Queste condizioni di diversità, che consentono al soggetto forme di integrazione, sono definite invisibili. Ma sono Invisibili per la comunità o sono ‘inesistenti’?

Un report britannico ha rilevato recentemente che circa l’80% delle persone disabili nel mondo ha una disabilità invisibile. Un’analisi condotta dal giornale Il Post sottolinea che le disabilità invisibili possono essere “causate, anche, da patologie in stadio iniziale, che successivamente diventano visibili con il tempo”.

Nel 2016 l’associazione britannica Hidden Disabilities ha creato “Sunflower”, un  cordino verde decorato con dei girasoli, da indossare come “segno di riconoscimento” per le disabilità invisibili durante le attività quotidiane. Secondo Pamela De Rosa, attivista dell’Associazione Luca Coscioni, nonché Consigliera nazionale dell’Associazione Persone con Malattie Reumatiche e Rare, questo è uno dei pochi modi efficaci e discreti per rendere manifesta la propria condizione.

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 Forse è necessario, guardando gli altri, utilizzare categorie di giudizio umane che considerino la differenza tra gli uomini come un aspetto dell’identità, cercando di non farsi condizionare da stereotipi e pregiudizi.

Molte persone non riescono a discernere tra le diverse disabilità e spesso vengono percepite e colte confusamente.  A me è successo più volte: da disabile motorio sono stato invitato a frequentare attività di ogni tipo, in modo particolare quelle dedicate a persone con disabilità cognitive e ciò accadeva perché risultavo inserito in una lista di disabili. Ricordo in modo emblematico un corso di falegnameria industriale, proposto a me… che sono in carrozzina. Immaginatemi a spostare lunghe assi di legno e a muovermi con disinvoltura tra pialle, seghe a nastro e levigatrici, mentre sono “comodamente” seduto sulla mia carrozzina. Forse un giorno esisterà, o esiste già in qualche parte del mondo, una falegnameria progettata appositamente per persone con disabilità motorie, ma non era certo quella nella quale ero stato invitato.

A questa e ad altre situazioni grottesche e paradossali aggiungo i ricordi del periodo scolastico. In quegli anni feci amicizia con un ragazzo che chiamerò Marco (nome di fantasia). Era bravissimo a scuola, aveva una media del 9, decisamente migliore della mia. Quella fu la mia prima esperienza con la disabilità invisibile. Marco soffriva di disturbi psichici e neuropsichiatrici che si manifestavano all’improvviso. L’effetto degli psicofarmaci gli procurava una pesante sonnolenza e spesso, a causa di questa conseguenza, era costretto a saltare le prime ore di lezione. I professori iniziarono a prenderlo in antipatia: credevano che volesse approfittarne, nonostante il problema fosse conclamato e certificato. Non credevano del tutto alle enormi difficoltà che il ragazzo doveva affrontare e, purtroppo, anziché diplomarsi con buoni voti riuscì a ottenere solo il minimo. Mi risulta difficile non credere che il preconcetto abbia giocato un ruolo importante nel giudizio degli insegnanti.

Mi chiedo se questa serie di comportamenti, di fronte a disabilità che non siamo abituati a percepire come evidenti, possa creare barriere, magari invisibili come quelle comportamentali, che ancora non conosciamo a fondo. Queste barriere ci allontanano dall’altro diverso da noi perché viviamo condizionati e circondati da immagini di efficienza, bellezza, piacere, capacità, successo e perfezione. Questo fa vivere molte persone, in maniera latente o manifesta, in una condizione di faticosa aspettativa di sé che può provocare disagio, frustrazione, rabbia, tristezza e fallimento. L’invito alla riflessione porta con sé una carica affettiva che deve condurre gli  “invisibili” e tutti coloro che si scontrano con il mare del pregiudizio a scoprire i sentimenti delle persone, a provare empatia e a vivere consapevolmente e non fugacemente la relazione con l’altro.

By Giovanni Giuliano

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