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L’INFANZIA DI IVAN – i Bambini e la Guerra

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I bambini e la guerra. Classici del “neorealismo” alla Cineteca di Bologna. A. Tarkovskij , L’infanzia di Ivan (Russia 1962). L’arte allo specchio dell’infanzia e il vero realismo secondo Tarkovskij.
By OLDTIMER

Tarkovskij vuole in primo luogo mostrarci quanto la guerra, pur condotta per nobili motivi come la liberazione dall’invasore, sia sempre feroce, crudele, inumana e, nel suo ultimo fondamento possibile, ingiustificata, e come, in primo luogo, procuri lacerazioni e ferite irreparabili nell’innocenza dell’infanzia. Il protagonista, poco più che bambino, ne è stato completamente contaminato e sembra aver perso, infatti,completamente questa sua natura, divenendo insieme, come molti a partire da Sartre asseriscono, mostro, vittima e martire allo stesso tempo. Una personalità distrutta, secondo Tarkovskij stesso. Tramite i sogni di Ivan ci viene rivelata, nel film, la verità sulla tragicità della storia, quasi ponendola sullo sfondo, rispetto allo sguardo del protagonista. Verità ribadita appieno dal tragico finale, collocato nel momento della vittoria, con la presa di Berlino da parte delle truppe russe, che ci rivela la crudele e spietata fine del giovane.

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Non è tanto, però, onirismo o dimensione del sogno, qualcosa di virtuale dunque, ciò che colpisce e che troviamo nei quattro sogni di Ivan che Tarkoskij introduce nel film. In questi sogni Ivan stesso appare, invero, nella sua fenomenologia realistica, e quanto ci colpisce, invece, proprio attraverso ciò, è il manifestarsi della sua percezione interna della propria “realtà”, della propria natura di bambino, nella forma del ricordo, dell’immaginazione e della illusione. Nella forma, più propria dell’infanzia, dunque, quando essa mostrano la maggior vitalità. In essa il mondo, la madre, suo angelo abbattuto dalla guerra, sono come nessuno invero li potrebbe sognare, ma corrispondono a una inarrestabile bisogno di vita, gioco, felicità ed amore. Tali da farci, con Ivan, in quanto bambino più vicino alla vita naturale, direbbe Leopardi, percepire quasi direttamente, tramite le immagini, proprio questa realtà, appunto, della memoria e dell’immaginazione, fino a commuoverci, a trovare una sintonia.

Infatti la tecnica di ripresa, lo studiato uso di direzioni e fasci di luci e di chiarori intensi, ci ripropongono, in realtà, Ivan come qualcosa si di oggettivo, di reale, ma di quest’altra realtà. L’arte dello specchio. Il nemico, il nazista, invece, contro cui si erigeva l’epica della Grande Guerra Patriottica, non necessita di rappresentazione, eccetto che nella parte finale, con la presenza di una pattuglia tedesca e, soprattutto, nel montaggio del materiale riguardante la presa di Berlino. E’ continuamente presente proprio per assenza. Nulla a che fare, nonostante la riproduzione della realtà di una guerra, con un realismo verista, e tanto meno socialista con la sua tradizione.

La memoria infantile, traspare, però, anche dalla presenza di simboli, presenti nei quattro richiamati inserti “onirici”, momenti in cui il nesso memoria-fantasia-illusione irrompe nelle vicende del film dal punto di vista dell’infans, appartenenti al momento del sonno più profondo di Ivan, in fuga dalla guerra, questa si realtà distorcente e mostruosa.

1962_ivan_infanzia. scena- italo red italo

Commentando il film Sartre affermò che è “principalmente sui binomi realtà dell’eroismo e allucinazione della guerra che si sviluppa “L ‘infanzia di Ivan”, teso a togliere spessore all’enfasi celebrativa del primo per rivendicare con forza la verità del secondo, per esprimere poeticamente l’assurdo di un’evidenza incancellabile dai ricordi infantili”. Continua Sartre: “…la verità è che il mondo intero per questo bambino è un’allucinazione e che lo stesso bambino, mostro e martire, è in questo universo un’allucinazione per gli altri”. Un’altra prospettiva sulla verità.

Ivan è figlio ed espressione della realtà della guerra, che ne ha snaturato le dimensioni della fantasia e degli affetti, che ha accecato lo sguardo proprio della sua età. La sua esistenza è ricompresa nella realtà della guerra, con determinazione ed assolutezza – questa sì giovanile – ma vissuta in altrettanto assoluta solitudine, secondo una pulsione di morte e di vendetta, per l’uccisione della madre e della perdita di tutto il suo mondo originario. La sua storia corre, anche nella ricerca di una figura paterna, parallela, ma lontana, a quella degli altri protagonisti , che non mancano di umanità, che vivono la guerra e la sua forza disgregatrice di ciò che è umano, cercando momenti ed affetti che, seppur fuggevolmente o in modo distorto, ne contraddicano la violenza. Sartre, dunque, afferma che Ivan è, nei suoi sogni, apparizione reale e realistica. Nelle sue allucinazioni abbiamo il contrappunto del suo essere allucinazioni per altri. E’ vittima due volte: in quanto la guerra lo ha estraniato dal mondo circostante e assorbito completamente, in quanto spirito devastato e mostruoso, quindi, e in quanto vittima pura, anche qui in modo assoluto, di essa.

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“Non capivo, non riuscivo a capire che cosa fosse il cinema [ . . . ]. Avvertivo che era una professione con notevoli aspetti tecnici ma che ci si potesse esprimere col cinema come con la poesia, con la musica o la letteratura, non l’avevo proprio capito. Anche dopo aver girato L’infanzia di Ivan non avevo ancora in effetti afferrato quale fosse il ruolo del regista” così affermò Tarkovskij . Forse è così. Ma il grado di potenza espressiva già evidente in questo film sembra dirci che gli mancava allora solo la piena consapevolezza di qualcosa che aveva già raggiunto e che era, invece, perfettamente in grado di trasmetterci il suo radicale messaggio (cristiano ed universale) di rifiuto della realtà della guerra tramite la vita e lo sguardo di un bambino.

In conclusione consiglio la lettura del bel saggio di Fabrizio Borin – L’arte allo specchio. Il cinema di Andrej Tarkovskij – Jouvence, Roma, 2004, le cui analisi e riferimenti hanno fornito diversi spunti a questo breve testo.

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