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Non tutto è come appare: QUANDO LA REALTÀ DIVENTA FLUIDA

roosteram Italo RED Italo
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Il confine tra reale e virtuale è sempre più labile e l’intelligenza artificiale sta ridisegnando i contorni della nostra percezione. Siamo entrati in un’era in cui la menzogna non è più solo un racconto, ma tecniche e tecnologie sofisticate ridisegnano una realtà che si nutre delle nostre stesse paure e curiosità.
Se attualmente foto, video e audio falsi diffusi nel cyberspazio presentano ancora alcune imperfezioni che li rendono riconoscibili, in brevissimo tempo diventeranno molto più raffinati del reale. Il passo successivo? Rischiamo di entrare in una realtà simile a Matrix.
Lungi dal voler essere catastrofisti o complottisti, ciò che ci aspetta è un futuro di manipolazione massiva.
I deepfake rappresentano oggi l’avanguardia di questa rivoluzione in atto: immaginate un video in cui il presidente di una nazione pronuncia frasi compromettenti mai dette, presentato come un fuori onda casuale o un’intercettazione riservata.
La tecnologia di generazione artificiale ha superato i limiti dell’immaginazione, rendendo possibile ciò che fino a ieri sembrava impossibile.
La formula “l’ho visto con i miei occhi o ascoltato con le mie orecchie” non è più attendibile quando l’esperienza avviene nel cyberspazio.
Le conseguenze sono profonde e toccano ogni aspetto della comunicazione umana. L’algoritmo impara, si evolve e ci inganna con una maestria inquietante.
Questo solleva dubbi anche sulla validità e sull’attendibilità delle intercettazioni audio e delle prove basate su foto e video. Quanto sarà facile, infatti, far passare come autentico un filmato registrato da una telecamera di sorveglianza a bassa risoluzione, sfruttando i difetti intrinseci del video per occultare eventuali manipolazioni?

E se fossero usate come prove?

Ma torniamo alla manipolazione di massa
La manipolazione mediatica serve spesso a orientare l’opinione pubblica, a influenzare mercati finanziari, a costruire narrative politiche o a destabilizzare equilibri geopolitici. I gruppi estremisti hanno compreso quanto sia potente questo strumento, utilizzandolo per radicalizzare le proprie narrazioni.

Da qui emerge l’esigenza di una cultura dell’intelligence sempre più diffusa e capillare.
La capacità analitica di verificare le informazioni prima di ritenerle attendibili è diventata un’emergenza sociale: non può più rimanere appannaggio esclusivo degli apparati statali e di multinazionali
Non possiamo più limitarci a essere consumatori passivi di informazioni, ma dobbiamo trasformarci in analisti critici. L’alfabetizzazione attraverso l’intelligence non è più un optional, ma una competenza essenziale per sopravvivere in questo nuovo ecosistema informativo inquinato.
Le istituzioni e le grandi aziende tecnologiche stanno iniziando a muoversi. Alcune piattaforme sviluppano sistemi di riconoscimento dei contenuti generati artificialmente, mentre i legislatori cercano di rincorrere una tecnologia che corre molto più velocemente delle norme.
Non si tratta solo di distinguere il vero dal falso, ma di ridefinire concetti come verità, autenticità e prova. Siamo di fronte a una mutazione profonda del nostro rapporto con l’informazione.
La pericolosità di informazione distorta aumenta quando il messaggio è personalizzato e la manipolazione psicologica tarata sul singolo.
L’intelligenza artificiale non è più solo uno strumento di manipolazione massiva, ma un algoritmo capace di studiare, comprendere e far leva sulle nostre vulnerabilità più profonde.
Non più solo messaggi di massa, ma micro-narrazioni su misura per ogni singolo individuo.
Ogni essere umano diventa un universo di dati analizzabili: i nostri click, le nostre conversazioni, i nostri acquisti online, i commenti sui social media sono frammenti di un puzzle che l’IA ricompone. Non stiamo parlando di marketing tradizionale, ma di una profilazione psicologica che raggiunge livelli quasi predittivi.
Un esempio concreto? Un giovane con lievi tratti di ansia sociale può essere gradualmente indirizzato verso comunità online che trasformano la sua fragilità in rabbia. Una persona isolata senza una vera vita sociale può ricevere contenuti mirati che alimentano paure e risentimenti, diventando bersaglio ideale di narrative estremiste.
I meccanismi sono sottili: l’IA non impone, suggerisce. Non urla, sussurra. Costruisce percorsi apparentemente casuali ma scientificamente progettati per scardinare le nostre difese critiche.
Le piattaforme di social media sono i primi laboratori di questa nuova psicologia algoritmica. Ogni contenuto, ogni suggerimento, ogni pubblicità, ogni sondaggio diventa un piccolo esperimento di ingegneria emotiva. L’obiettivo non è più solo vendere un prodotto, ma modificare percezioni, orientare comportamenti, plasmare visioni del mondo.

Come difendersi?
La consapevolezza diventa l’unico vaccino. Riconoscere questi meccanismi, sviluppare senso critico, mantenere una distanza riflessiva dai contenuti che ci vengono proposti.
L’era digitale ci sfida a diventare esseri umani più consapevoli, meno manipolabili. La tecnologia non è il nemico, ma lo specchio delle nostre debolezze e potenzialità.
Dobbiamo sviluppare gli stessi anticorpi.
La conclusione non è apocalittica, ma consapevole. La tecnologia non è né buona né cattiva, è uno specchio della nostra complessità umana.
Sta a noi decidere se usarla per manipolare o per illuminare, per dividere o per comprendere.

Come diceva Tolstoj, “Per quanto ci si sia inoltrati nella via della menzogna, è sempre meglio fermarsi che continuare a percorrerla.” E forse in questa capacità di scelta critica risiede la nostra più profonda umanità.

by Roosteram – interpreta Emanuela Bianelli

letture consigliate sull’argomento:

Maleducati

“È possibile fare meglio ma è ancor più facile fare peggio”: un ventennio di riforme scolastiche in Italia.
Mario Caligiuri

Homo deus

il vero potere è “sapere cosa ignorare” 
Yuval Noah Harari

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